La diversità del problema Spinoza

Che rapporto avete con la spiritualità e la religione?

Che rapporto c’è tra Spinoza e la Seconda Guerra Mondiale?

Come fare per bilanciare il bisogno di appartenenza e quello di pensare con la propria testa?

Introduzione

Oggi, vi voglio portare all’interno di un libro molto interessante (almeno per me): “Il problema Spinoza”. È stato scritto da uno scrittore psichiatra, Irvin D. Yalom. Ama nei suoi libri dipingere storie che partono dalla vita reale di personaggi realmente vissuti.

In passato, avevo già scritto un articolo su un altro suo libro “Le lacrime di Nietzche” (http://fabiodeluca.net/lacrime-nietzche-dialogare-danzando-sentirsi-combattere-lo-stress/) ed ero rimasto colpito dalla sua capacità di far immergere i lettori nelle vite di personalità storiche realmente vissute.

Le sue storie partono sempre da un’analisi storica dei personaggi a cui viene aggiunta una prosa inventata, ma sempre coerente con le caratteristiche delle persone studiate. Anche in questo caso, Yalom non è da meno. Ci porta nel magico mondo del primo illuminista Beruch Spinoza.

Il titolo rivela subito la presenza di un problema da risolvere, che, però, riguarda un altro personaggio protagonista del libro: Alfred Rosenberg. Per chi non lo conoscesse fu uno dei più grandi divulgatori dei principi della “religione” ariana che ispirò molte delle azioni che portarono Hitler al potere.

Le due storie: Baruch Spinoza e Alfred Rosenberg

In sostanza, il libro si apre ad Amsterdam, 1656, dove Bento, in ebraico Baruch (Benedetto) Spinoza vive. La sua famiglia di origine è portoghese. È sfuggita all’Inquisizione e si è rifugiata nella più tollerante Olanda. Nonostante i suoi ventitré anni Baruch non esita a elaborare pensieri e quesiti sulla fede (ebraica).

Propone idee e interpretazioni del mondo poco ortodosse che lo fanno avvicinare a una “Academia” gestita da Franciscus Van Den Enden. Qui la sua mente trova giovamento studiando le lingue antiche, latino e greco, e passeggiando amabilmente all’interno delle idee di Aristotele, Platone, Socrate, Epicuro e …

Insomma, tutti i grandi filosofi greci.

Le vite di Bento e di Alfred si alternano nel libro. Il secondo capitolo così si apre in Estonia, nel 1910. Il giovane Alfred Rosenberg viene richiamato dal suo preside Epstein per aver fatto dichiarazioni violente e commenti antisemiti in palestra in occasione delle elezioni studentesche.

Epstein, ebreo, comprende di avere di fronte un ragazzo strano, invasato, fuorviato dalle idee di un pensatore chiamato Chamberlain. All’interno di un libro molto diffuso all’epoca, questo autore, senza alcun merito o prova, descrive il pericolo della contaminazione ebrea sulla eletta razza ariana in Europa.

Non riuscendo a farlo riflettere sulle convinzioni errate prodotte da una lettura priva di fondamenti decide di condannarlo a una singolare punizione. Leggere e analizzare l’autobiografia di Goethe, un poeta che Alfred Rosenberg dichiara di conoscere e amare come emblema della superiorità della razza ariana.

Nella sua biografia, Goethe, però, si dichiara un fervente ammiratore di Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo del diciassettesimo secolo. La lettura inizia a fare il suo effetto e insinua nella mente del giovane Rosenberg un dubbio che lo accompagnerà per il resto della vita:

Come è possibile che il grande Goethe abbia potuto trarre ispirazione da un uomo di razza inferiore come Baruch Spinoza?

Il libro si dipana alternando di capitolo in capitolo l’evoluzione di entrambi i personaggi. La lettura è scorrevole, a volte complessa perché affronta dibattiti filosofici non sempre di immediata comprensione.

Non vi dirò molto altro del libro per non spoilerare troppo la storia che Yalom confeziona. Mi soffermerò su alcuni punti che mi hanno colpito e che mi hanno fatto pensare a questo libro come un bel manuale sulla gestione della diversità, dei pregiudizi e del potere. Tre termini diversi, ma molto legati tra loro.

È un libro che dovrebbero leggere tutti coloro che vivono non mettendo mai in discussione i propri pensieri e che vogliono comprendere quanto sia rischioso vivere una vita concentrati nella ricerca delle conferme alle proprie opinioni, senza approfondirne le informazioni e le fonti da cui derivano.

È strano pensare alle fake news e della loro diffusione come un elemento così rilevante nel 600 e nei primi del 900. Invece, il mondo non è cambiato, ha solo evoluto i mezzi con cui diffonderle. Prima c’era il passaparola, i leader delle comunità, rabbini, preti, poi sono giunti i giornali e infine internet e i social.

Il bisogno di credere in qualcosa e di trovarne conferme non è cambiato. Siamo ancora esseri umani. Abbiamo bisogno di appartenere alle comunità, ai movimenti. Sentire di far parte di qualcosa stimola la nostra ossitocina, far parte di un certo gruppo di pensiero eletto attiva schicchere di serotonina.

Quando la vita è grigia, monotona, senza troppi stimoli, dove le difficoltà sembrano maggiori delle soddisfazioni, aggrapparsi al divino, alla fede, all’odio è facile e sembra lenire le ferite emotive che ci portiamo dentro.

Peccato che siano tutti meccanismi dopanti. Odiare gli altri per esempio porta serotonina, perché, purtroppo, elevare noi come essere giusti e abbassare gli altri a peccatori fa rilasciare questo strano neurotrasmettitore.

Come tutte le droghe (anche se naturali 😉), però, quando mi abituo a odiare, ho bisogno di odiare sempre di più per mantenere la gioia e il benessere dovuta alla serotonina. E la stessa cosa vale anche per l’ossitocina e la dopamina.

Se noni diventiamo consapevoli delle nostre reazioni interne ed esterne rischiamo di perdere il timone della nostra vita. Forse è questa la ricerca che Spinosa cercò di portare avanti a quel tempo. Per l’epoca erano ragionamenti avveniristici. Non a caso la vita di Bento Spinoza non fu proprio semplice.

Insomma, i rischi dell’epoca sono gli stessi di oggi, forse solo un po’ aumentati dalla facilità con cui le notizie si diffondono sui social e dalla velocità con cui si può far gruppo senza essersi mai visti nemmeno una volta. Tantissime amicizie (e amori) oggi nascono sui social.

Allo stesso tempo oggi, abbiamo tante possibilità di controllo in più. Se voglio sapere le fonti e sono davvero curioso, posso trovarle e dissetarmi. Ma per essere pronto a un gesto del genere ho bisogno di essere preparato al mettere in dubbio i miei stessi pensieri, i dogmi che mi guidano, i principi che mi hanno insegnato.

Non vuol dire negarli in partenza, significa essere disposti ad approfondire anche cose di cui per tanto tempo posso essere stato convinto. Grazie al desiderio di conoscenza sono nate le grandi rivoluzioni scientifiche: Galileo, Copernico, …

Per certi aspetti questa mentalità aperta mi ricorda quella dell’ultimo Dalai Lama. Quando fu esiliato in Europa, si mise a leggere tantissimi libri occidentali. Moltissime informazioni lette erano completamente diverse da quello che aveva studiato nei suoi libri in Tibet. La Terra stava ancora al centro dell’Universo per lui e per il suo popolo!!!

Quando dopo anni riuscì a ritornare in Tibet, si portò dietro i libri e integrò le novità nella cultura dei monaci tibetani. Era certo che l’integrazione tra culture avrebbe permesso a tutti di evolvere. Non a caso si mise a disposizione di un’équipe di psicologi capitanata da Goleman e Varela per condividere i propri apprendimenti sulla meditazione e sul raggiungimento dell’illuminazione.

Peccato che non sempre le religioni siano così aperte a questa modalità aperta e integrativa. Vediamo un po’ come la pensa Spinoza a questo proposito.

La visione di Dio di Spinoza

Per “natura“: “Non intendo gli alberi o le foreste o l’erba o l’oceano o qualsiasi cosa che non sia fatta dall’uomo. Intendo tutto quello che esiste, l’assolutamente necessario, l’unità perfetta. Con il termine natura mi riferisco a tutto ciò che è infinito, unificato, perfetto, razionale e logico.

È la causa immanente di tutte le cose. Ogni cosa che esiste, senza eccezioni, funziona secondo le leggi della natura. Quindi quando parlo di amore per la natura, non intendo l’amore che tu provi per tua moglie o per tuo figlio.

Sto parlando dell’amore per Dio […] l’essenza effettiva di Dio è un mistero al di sopra e al di là del pensiero. Dio è infinito e, siccome noi siamo soltanto creature finite, la nostra visione è limitata”.

Questo è uno dei dialoghi tra Franco e Bento Spinoza che più mi ha colpito. Spinoza, padre dell’Illuminismo, odia le religioni. Tutte, senza esclusioni. È convinto che le religioni ci vogliano far credere cose non sempre vere e fondate su fatti realmente accaduti.

Servivano, tanto tempo prima, quando i popoli erano incapaci di analizzare e controllare le cose attraverso metodi scientifici. Dare significati superstiziosi alla vita, percepire presenze dall’alto, sviluppare rituali acquisiva senso perché forniva la sensazione (falsa) di controllo.

Spinoza, per quanto si renda conto dell’utilità delle religioni e del perché si siano così diffuse, sente il peso dei loro dogmi sulla capacità di comprendere la vera essenza delle cose. Le percepisce come dei paraocchi che servono per guidare la vista del cavallo nella direzione di chi lo guida.

Siamo di fronte a una persona che sceglie di disconnettere, fin dove può, la passione e le emozioni dalla ragione. Ogni volta che parla di qualcosa cerca di comprenderne il meccanismo causale e così fa anche con la Torah, individuando tantissime incongruenze che lo allontanano dalla religione e dalla comunità ebraica.

La felicità, che lui spesso associa alla parola Atarassia, imperturbabilità dell’animo, come direbbe Epicuro, è possibile solo eliminando le emozioni. Non si può credere ciecamente ai rabbini solo perché si ha paura della morte e delle conseguenze delle punizioni (tipo le scomuniche).

A causa di tutte queste incongruenze, si allontana dalla sua comunità, ma mantiene i rapporti con Franco, una persona che prima lo tradisce e poi gli diventa amico e che rimane al suo fianco per tantissimo tempo. Franco diventa un prezioso compagno di viaggio nei suoi ragionamenti non sempre lineari.

Tra l’altro proprio sul tema della religione, ha un’opinione completamente diversa. Per lui la religione sbaglia nel mettere il seme della paura grazie alle punizioni basate su interpretazioni umane, ma ne ama il senso di comunità che con i suoi rituali è in grado di fargli vivere.

Ascolta sempre le opinioni del suo amico Spinoza e ne rispetta il punto di vista. Lascia libera la mente dai dogmi, perché è consapevole dell’origine dei suoi pensieri e delle emozioni che vive. Non gli serve essere invasato per godere del benessere religioso, apprezzandone i rituali e i principi.

Per Spinoza, questi aspetti sono pericolosi, perché sembrano dei metodi per allontanare le masse dall’unica via per conoscere Dio, la conoscenza della natura e dei suoi sistemi di casualità. Ogni cosa che avviene, secondo Bento, ha una spiegazione e deve essere compresa per poter evolvere rimanendo in contatto con Dio.

Un dilemma “spinoso”

È proprio l’idea di conoscere il perché delle cose a lenire i dolori dell’uomo. Ho usato la parola uomo non casualmente. Bento pensava che solo l’uomo (e non la donna) potesse conoscere il perché delle cose. L’uomo era più intelligente della donna. Punto.

La donna doveva essere esclusa da ciò che potesse distrarre l’uomo. In realtà, questo aspetto Spinoza non l’ha pensato autonomamente, ma l’ha appreso avendo fatto parte della comunità ebraica dell’epoca. E sì, per il nostro Spinoza, l’uomo tanto intelligente e potente aveva però un limite. Un limite grande.

Aveva un debole per le donne e queste ultime dovevano mettersi il velo e sedere in luoghi appartati e il più possibile nascosti per evitare di turbare l’atarassia dell’uomo. Un uomo più debole di quanto ci si immagini quindi.

Franco, invece, aveva scoperto, grazie a una moglie illuminata che anche le donne potevano avere una grande intelligenza, anche superiore a quella dell’uomo. A riprova di questo fatto, sostiene, davanti a Spinoza, che sua moglie si dimostrava in molte situazioni più acuta di quanto lui non riuscisse a essere e che non era l’unica che avesse incontrato.

Spinoza non vuole, però, accettare questa parità. Adduce diversi motivi quando cerca di convincere Franco. Quello che mi colpì di più è che nel suo ricordo nessuna donna era stata mai al potere. Per una persona che crede nel ragionamento logico, sembra una ragione piuttosto debole. Si era scordato per esempio di Cleopatra, della regina di Spagna, …

Infatti, nel libro, Spinoza è presentato come un amante delle prove e del ragionamento logico. Ogni interpretazione ambigua della Torah realizzata dai Rabbini durante le cerimonie e i rituali veniva puntualmente criticata da Spinoza, attraverso l’emersione di tantissime incongruenze interne alla stessa Torah.

Eppure, davanti al tema parità donna/uomo non era riuscito ad avere la stessa forza illuminista. Si era lasciato condurre dove volevano i suoi bias e le sue paure. Tutte le donne della sua vita l’avevano abbandonato e pensare che fossero inferiori, da evitare, gli dava sicurezza.

E, così, il suo inconscio per difenderlo dalla tristezza e dalla paura, lo invitava a ritenere le donne dei disturbi.

Ma quante volte capita anche a noi di mantenere in vita materiale sommerso tramite convinzioni che limitano il nostro pensare e il nostro agire?

Io, personalmente, mi rendo conto tante volte di essere un po’ come Spinoza. Ciò che mi ha ferito nel passato e che non ho elaborato nel presente mi influenza in modo subdolo. E non è per nulla facile rendersene conto consciamente.

Tutte le volte che me ne accorgo sono felice, perché finalmente posso provare a cambiare i miei punti di vista sul mondo.

Il problema fuoriuscito da questo dialogo filosofico tra Franco e Bento Spinoza mi ha fatto pensare a quanto molte delle nostre scelte consce e inconsce siano motivate da due tipi di ricerca:

  • Mantenere il proprio potere sull’altro o sugli altri (tutti i sistemi religiosi e politici ne sono principali protagonisti)
  • Diventare follower di persone che dettano le regole e detengono il potere per mantenere il proprio status acquisito (tutti gli appartenenti ai sistemi cercano di elevare il proprio status, cercando sicurezza e appartenenza, abbandonando le proprie idee personali per vivere le idee di chi detta i principi).

Spinoza si rende conto di quanto la Chiesa Ebraica (come tutte le Chiese) eserciti potere con le sue interpretazioni opinabili delle sacre scritture. Tutto viene letto in modo comodo per chi vuole mantenere lo status quo e il controllo del popolo o del proprio movimento.

Avere persone pensanti, dubitanti, non fa comodo, perché rischia di rompere gli equilibri che fanno gioco a chi si trova nei punti apicali. Spinoza crede che non ci debbano essere religioni, ma solo pura ricerca della ragione, l’unico modo per lenire i dolori e le passioni di tutti i giorni.

Dio è natura e il modo di venerarlo è cercare di comprendere la sua infinità attraverso l’individuazione delle regole della natura. Un pensiero coerente che per quanto possa spaventare chi è religioso, può essere condiviso facilmente. Peccato che nemmeno Spinoza sia immune da ragionamenti dogmatici 😊.

Quando, infatti, Franco parla del ruolo delle donne, Spinoza si dimostra incapace di vedere la presenza di un indottrinamento nel suo stesso pensiero. Non vede che la religione ha relegato la donna in ruoli secondari.

Tutto ciò finché Franco non utilizza gli stessi metodi di indagine di Spinoza alla questione della donna. Inizia a porgli delle domande (metodo socratico) che lo fanno riflettere e aprono a un piccolo, possibile, salto evolutivo di coscienza e conoscenza.

Finalmente, Bento Spinoza si avvicina alla possibilità di una donna diversa da quanto le sue credenze limitanti gli stavano facendo percepire. Questo salto dovrebbe essere un buon punto di partenza nel cambiamento che serve stimolare per avere donne e uomini trattati in modo eguale ed equo.

Un cambiamento di pensieri che servirebbe ai tanti uomini che ancora la pensano inconsciamente come Spinoza prima del dialogo con Franco. Franco, infatti, suggerisce a Spinoza di sfidare le proprie debolezze rispetto all’effetto che le donne possono evocare sull’uomo e di cercare di scoprirne il valore intrinseco.

Sembra un ottimo consiglio. Potrebbe andare bene anche oggigiorno.

Il dilemma spinoso aggiornato a oggi

Nessuna parità sarà possibile finché l’uomo non sarà in grado di regolare le proprie pulsioni e vedere, sentire, percepire la donna come un partner che genera valore senza averne paura. In questo modo, l’uomo non vedrà il proprio potere ridursi alla vista di una donna capace che sappia tenergli testa.

Così, l’uomo finalmente sarà felice di condividere il proprio potere con lei.  Facile a dirsi, ma forse non così semplice a farsi, perché molti di questi pensieri sono interni e nascosti. Servirebbero molti amici come Franco.

Leggere questo dialogo spero possa aprirci alla possibilità di cercare persone vere come Franco, capaci di allargare i nostri punti di vista. Da soli, è difficile, insieme si può. Bisogna “solo” circondarsi di amici, colleghi, partner fidati e aperti.

E invece cosa ci lascia la storia di Alfred Rosenberg?

Il secondo protagonista del libro faccio fatica a raccontarvelo. Irvin D. Yalom è bravissimo nel descriverci la parte umana e debole insieme a quella disumana e cattiva. A volte fa quasi tenerezza nella sua lotta contro il suo passato che emerge in continuazione nel suo rapporto con Hitler. Peccato che la sua influenza sul führer abbia contribuito a generare tantissime morti.

È odioso vedere come ogni aiuto riceva dall’esterno sia frainteso e riportato verso i dogmi che ha imparato ad amare da piccolo per sopportare la solitudine di sentirsi differente dal resto dei suoi coetanei.

Nulla riesce a dissuaderlo dal percorrere la strada che gli sembra più “giusta”. La colpa di ogni bruttezza del mondo e soprattutto delle sofferenze del popolo tedesco si trova nel sangue degli Ebrei. La sua vita è dedicata a questa impresa. Toglierli dalla faccia dell’Europa.

È una persona intelligente e sa scrivere bene. Per questa ragione, riesce a diventare il responsabile del giornale più importante del partito di Hitler. Pubblica le notizie interpretandole sempre a favore delle sue idee e riesce a convincere tantissime persone urlando ai quattro venti storie inventate, pregne di odio.

È interessante scoprire che anche la Seconda Guerra Mondiale sia nata anche grazie alla diffusione di fake news. La Germania stava ancora leccandosi le ferite dovute alla Prima Guerra Mondiale. Il popolo soffriva la fame anche grazie alle punizioni subite dagli altri Stati Europei.

Anche il loro odio verso i tedeschi è concausa dell’odio dei tedeschi verso il resto del mondo e dell’Europa. Odio genera odio. Credo che anche Spinoza lo possa considerare un vero e proprio assioma.

A questo malessere economico, si aggiunse poi una condizione importante: l’ignoranza. È più semplice abbracciare visioni distorte quando la mente ha scarsa preparazione. Proprio grazie a queste due precondizioni, tutti i messaggi lanciati da Alfred Rosenberg trovarono terreno fertile e si diffusero in modo incredibile.

Furono diffuse notizie false, storie travisate. Il popolo in sofferenza stava cercando un destinatario da odiare con ferocia. I responsabili del partito di Hitler e Rosenberg ne erano consapevoli e fecero di tutto per alimentare l’odio. Il popolo intero doveva convincersi che l’unico motivo per cui stavano soffrendo erano gli Ebrei. Tutta colpa loro.

La cosa più incredibile di questa parte della storia è legata proprio al problema Spinoza. Rosenberg cercò di leggerlo per comprenderne i legami con Goethe. Il suo vecchio Preside Epstein sperava che questa venerazione gli aprisse gli occhi rispetto alle sue convinzioni sugli Ebrei.  

Invece, Rosenberg non si illuminò per l’apertura di idee contenute nei suoi testi, ma prese solo gli spunti che confermavano le sue stesse idee di odio verso le religioni e in particolar modo quella Ebraica che anche Spinoza aveva rifiutato (rifiutando però anche tutte le altre, senza alcuna differenza).

Ogni religione doveva essere distrutta. Come diceva Spinoza effettivamente. Purtroppo, però, il significato delle affermazioni di Spinoza erano state travisate. Non avrebbe mai voluto l’annientamento fisico delle persone. Sognava un mondo dove chiunque potesse pensare in modo libero da dogmi e pregiudizi religiosi. Solo in questo modo si poteva amare realmente Dio.

Inoltre, Spinoza non avrebbe mai voluto una politica così vicina alle logiche di una religione!!!

Scrivo questo testo, proprio qualche giorno dopo aver sentito la proposta di legge che propone di proteggere la lingua italiana dall’influenza inglese. Mi incuriosisce come le epoche si susseguano riproponendo lotte che appaiono davvero simili. Ogni lingua ha influenzato le altre nella propria evoluzione.

L’italiano ha termini che derivano dal greco e dal latino. Ogni lingua rappresenta la cultura da cui proviene. Gli stessi dialetti sono frutto delle culture territoriali. Ma gli stessi dialetti si deformano nel tempo grazie o a causa dell’eterna evoluzione e integrazione delle culture presenti all’interno di un territorio. Nulla è per sempre uguale.

Bloccare un fenomeno così naturale è impossibile. Ma qualcuno ogni tanto ci riprova, in nome di una cultura ideale e “giusta”. Come direbbe qualcuno più preparato di me, esistono da sempre corsi e ricorsi storici.

Quel che mi porto a casa

Chiudo questa mia interpretazione del libro di Baruch Spinoza dicendovi quel che porto con me. Durante tutto il libro ho vissuto la gioia di scoprire nel fascino di un pensatore libero (non sempre 😊) che ha aperto il periodo illuminista.

Ho sentito tanta irrequietezza nel leggere e rivivere la storia della Seconda Guerra Mondiale. Yalom è stato capace di farmi entrare nei meccanismi psicologici di chi l’ha causata e mi ha regalato una nuova consapevolezza.

L’unico modo per sconfiggere l’odio e i pregiudizi è l’investimento sull’educazione. Un’educazione, come direbbe Spinosa, al pensare in modo scettico e al trovare persone con cui confrontarsi e riflettere per approfondire i propri dubbi.

Un’educazione, quindi, al dubbio, al mettere in discussione le certezze e soprattutto un nuovo modo di pensare al concetto di potere. Si deve passare dal paradigma ancora molto diffuso del potere sugli altri al potere con gli altri.

Senza un cambiamento come questo, siamo ancora esposti a rischi che ritengo molto grandi:

  • Ci sarà sempre un diverso contro cui scaglieremo il nostro odio, le nostre invidie (uomini, donne, lesbo, gay, neri, bianchi, cattolici, protestati, calvinisti, ebrei, …)
  • Ci sarà sempre una persona più forte che potrebbe costringere il mondo a fare cose di cui non siamo consapevoli e che potrebbero limitare la nostra libertà individuale e collettiva.
  • Ci sarà sempre qualcosa che pensiamo possa impedirci di raggiungere la nostra atarassia, la nostra felicità e sarà sempre negli altri (e quindi non gestibile) e non in noi

Mi piacerebbe chiudere sognando con voi un mondo dove uomini e donne, di ogni cultura, siano educati fin da bambini a integrare le proprie forze in modo equo, generando poteri condivisi. Dove il dialogo e la riflessione siano incentivati al fine di evitare che dogmi imposti da altri creino diversità che allontanano gli uni dagli altri.

Non la penso come Spinoza, per me le religioni, soprattutto dal punto di vista spirituale, sono tutte potenzialmente belle e affascinanti. Per tanti aspetti hanno aiutato l’evolvere della società. Mi piace anche la sensazione di appartenere a qualcosa. Anche se faccio fatica ad abbandonarmi completamente.

Il problema è comprendere, allo stesso tempo, che chi interpreta le parole delle Sacre Scritture è sempre un uomo (per ora nel senso sia di essere umano e anche di sesso maschile) e può sbagliare come qualunque essere umano.

Per questo motivo, sogno un mondo in cui le religioni si abbraccino e riescano a convivere mantenendo le loro tradizioni, i loro riti, ma permettano allo stesso tempo la possibilità di aver dubbi e di crescere confrontandosi apertamente sulle proprie incongruenze contenute nei propri dogmi.

Magari, grazie a queste trasformazioni, in futuro avremo non solo arbitri donne, ma anche figure spirituali donne e non solo. Forse, un segnale di apertura come questo renderebbe più semplice il raggiungimento dell’equità e della parità tra sessi e generi in tutti gli altri ambiti della società. Io lo spero. E lo sogno.

Grazie Irvin D. Yalom, grazie Spinosa.Mi avete curato con le vostre storie un po’ dei miei pregiudizi. Esco da questa lettura così intesa ed elaborata più aperto e più disponibile a mettere in discussione me stesso e i miei punti di vista.

Spero di avervi convinto a leggere questo bel libro e, soprattutto, a condividermi le vostre opinioni. Anche quando fossero opposte alle mie, ovviamente.

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