Vivere nel flow, un’evento per vivere nel benessere e nella felicità

Cosa significa vivere in stato di flusso?

Come si fa?

Si può vivere sempre in questo stato?

Introduzione

Oggi voglio condividere con voi un po’ di emozioni. Sarà che vengo da una bellissima giornata trascorsa nel Flow, presso l’Escuelita Viva a Ostia. Sarà che sono stato insieme a un gruppo di formatori generosi e preparati. Sarà che avevamo un bel intento comune: celebrare la giornata della felicità (20 mar 2023).

Per farlo, vorrei raccontarvi le mie impressioni, percezioni, visioni legate alla lettura del libro Flow di Csikszentmihalyi che ha ispirato l’organizzazione di questa bellissima giornata.

Il libro di questo autore impronunciabile è davvero potente, perché ci introduce al tema della teoria dello stato di flusso.

L’autore ci spiega che quando attiviamo uno stato di “flow”, la mente ed il corpo sono in perfetta simbiosi e la nostra concentrazione è totale. Per questo motivo, l’autore definisce questa condizione esperienza ottimale.

La scelta del termine “flow” è venuta fuori perché molte persone intervistate all’interno delle sue ricerche utilizzavano spesso quel termine per descrivere quel che stavano vivendo durante un’esperienza completamente immersiva.

Le persone intervistate da Csikszentmihalyi e dal suo team (anche italiano) spiegavano quel che stavano vivendo con espressioni quali “mi sentivo come galleggiare”, “ero trasportato dalla corrente” o ancora “ero come in un flusso”.

Per quanto sia stato pubblicato per la prima volta nel 1990, ciò che è sintetizzato all’interno è ancora valido e descrive lo stato di Flow come uno stato di coscienza in cui siamo totalmente immersi in un’attività. Il tempo e lo spazio si dilatano o si restringono in modo anomalo rispetto a una percezione normale.

Legame tra felicità e flow

Probabilmente, grazie a questa definizione, può essere chiaro, il motivo per cui abbiamo legato la giornata sulla felicità al tema del Flow.

Chi sa vivere la propria vita scegliendo attività che attivano il proprio flow normalmente ha maggiori probabilità di vivere bene, nel benessere. Per questo motivo, abbiamo scelto di organizzare un evento dove potessimo creare stati di flow.

La scelta di non utilizzare solo il termine felicità deriva dal fatto che essere felici non significa vivere solo momenti felici, anzi. Significa piuttosto saper trarre forza da ogni momento vissuto. Una sana tristezza mi può cambiare la vita.

La tristezza può insegnarmi cosa è realmente importante, come una sana rabbia mi può far difendere i miei spazi e tirar fuori risorse personali che nemmeno sapevo di possedere. Ogni emozione produce stati di flusso e ogni emozione può essere luogo di felicità e benessere.

Potere di scegliere

Il problema è che spesso ci sentiamo vittime di ciò che ci accade. Gli eventi, le persone, le cose ci fanno per esempio arrabbiare. Quante volte a livello espressivo deleghiamo le nostre responsabilità?

“Mi hai deluso”, “La palla è andata alta” sono solo alcune piccole espressioni che descrivono bene come spesso preferiamo toglierci la responsabilità di ciò che proviamo. Queste espressioni ci impediscono di vivere nel flow e di iniziare a scegliere gli ingredienti della nostra vita.

Dove sta la nostra possibilità di scelta?

Come condiviso ieri durante alcuni workshop, fortunatamente, abbiamo un ruolo nella scelta interpretativa degli eventi che ci accadono. E questo ruolo è ben più grande di quanto pensiamo. Purtroppo, però, viviamo in un mondo che spesso ci condiziona nel pensare il contrario.

Non possiamo scegliere cosa ci accade, ma possiamo determinare la qualità delle nostre interpretazioni. Per vivere nel flow serve apprendere delle modalità interpretative che alimentino la pienezza della nostra vita.

Quindi, la teoria del Flow è un mezzo molto interessante per imparare a godere di ciò che ci accade, imparando a succhiare il midollo della vita, vivendo ogni emozione e imparando a non strozzarsi con l’osso, interpretando tutto come un momento di crescita e passaggio.

Come diceva Nelson Mandela, “Io non perdo mai, o vinco o imparo”.

Come fare a questo punto trasformare le nostre normali interpretazioni in modo che diventino funzionali a vivere nel benessere?

Ruolo del libro Flow nell’evoluzione del nostro benessere

Il libro di Csikszentmihalyi può essere visto proprio come un manuale di trasformazione. Ci racconta come saper vivere stati di Flow possa aiutarci a navigare tutte le emozioni in modo funzionale e a vivere nel benessere.

In primo luogo, perché ci fa capire quanto sia importante essere consapevoli del ruolo chiave del potere interpretativo. In secondo luogo, perché ci convince che se anche non siamo abituati a vivere nel Flow, possiamo tranquillamente imparare, ispirandoci a chi ci riesce. Bello, no?

E come sono le persone che ci riescono?

Hanno una capacità di tirar fuori facilmente il bambino che è in loro. Riescono a immergersi nel qui e ora e perdersi nelle attività senza giudizio e senza l’affaticamento che normalmente caratterizza gli adulti.

Tra le tante cose che descrive l’autore, riescono a farlo anche in contesti dove tanti altri si abbatterebbero, lasciandosi andare al lamento. Gli esempi condivisi nel libro sono tantissimi e molti di essi sono davvero difficili da immaginare.

Viktor Frankl, un neurologo psichiatra sopravvissuto ai lager nazisti, è uno di questi, ma non è il solo citato.

Come facciamo quindi a richiamare il bambino che è in noi, quando, magari, ci hanno insegnato a seppellirlo per tanti e troppi anni?

Il bambino che è in noi

Non tutti riescono a godere di questo stato immersivo, perché, per diverse ragioni, perdono questa capacità che normalmente i bambini hanno molto sviluppata. Se pensate a bambini e bambine che avete visto giocare hanno una strana percezione del tempo.

Vivono infatti pienamente il flow. Come si fa a saperlo? Sono totalmente assorbiti in una determinata attività, comunemente un gioco, al punto da dimenticare se stessi e diventare tutt’uno con quello che stanno facendo.

Nemmeno la fame è in grado di svegliarli da un momento di flusso. Essere nel flusso è speciale, perché, normalmente, si porta dietro un senso di benessere e un’accelerazione delle performance.

Tanti la chiamano felicità. Personalmente non amo questo termine per descrivere quel momento. Io preferisco parlare di benessere e, come dice Csikszentmihalyi,di esperienze ottimali. Ossia esperienze dove non esiste il passato o il futuro. Esiste solo il qui e ora.

Da piccoli, però, spesso ci viene insegnato che diventare adulti significa perdere questa innata capacità di immergersi. Le emozioni vanno represse perché non sono utili. Il passato è importante quanto il futuro, mentre il qui e ora è lasciato perdere.

Pensate, per esempio, a come ci insegnano una lingua straniera a scuola. Regole di sintassi, grammatica, logica, ma … Poca conversazione. Peccato che sia quest’ultima a permettere a chi apprende di imparare a vivere l’esperienza ottimale del parlare in un’altra lingua.

Non a caso, spesso, chi è brillo (non ubriaco) parla meglio di una persona sobria. L’alcol riesce, infatti, ad abbassare il volume dei nostri giudizi interni, causati da anni di feedback negativi sulla nostra incapacità di usare bene le regole, e a liberare il nostro potenziale di comunicatori.

Per fortuna, esistono altri modi per raggiungere lo stesso scopo. Possiamo trovare insegnanti che sappiano stimolare gli alunni e le alunne nell’immergersi nella nuova lingua. Nel viverla attraverso la sua musicalità favorendo la nascita di uno stato di flusso che blocca il nostro giudice interno.

Ecco una bella esperienza ottimale. Perché allora non lo incentivano tutti? Perché gli insegnanti non ci investono?

Leggendo il libro diviene subito chiaro che c’è tanta ignoranza su questo tema. Sembra più una caratteristica innata di alcune persone e non un processo da stimolare. Per questa ragione, forse, non siamo in grado di generarla e darle il giusto spazio nell’educazione.

Cosa potrebbe cambiare se invece imparassimo a dare più spazio all’esperienza ottimale, scoprendone i meccanismi che la regolano?

Magari entrando nei meccanismi di un’esperienza ottimale grazie a Csikszentmihalyi possiamo riscrivere una parte delle logiche educative e formative, riportando le persone verso il loro benessere e verso un apprendimento più completo e attivo.

Ecco perché consiglio a ogni educatore di mangiarsi ogni pagina del libro per poi trasferire quanto digerito nelle proprie attività quotidiane.

Cos’è quindi il flow e come si ottiene l’esperienza ottimale

Non so se tutti accetteranno questa sfida di mangiarsi l’intero libro, per cui provo qui a tirare le fila di quanto ci può lasciare il libro Flow. Lo stato di flusso è la capacità di immergersi in questi momenti pieni ed emozionanti. Momenti in cui le performance evolvono in modo naturale.

L’unica costante è la ricchezza di vissuti che riusciamo a portare con noi, in questi momenti di non tempo. Ogni attività può attivare uno stato di flusso. Dipende da come noi la approcciamo e da come e quanto ci lasciamo abbandonare alla corrente.

Conta solo che ci prenda e ci avvolga rendendoci capaci di vivere in una sorta di stato alterato dove il tempo perde la sua percezione reale. Le personalità autoteliche, come le definisce l’autore, sembrano essere quelle che con maggiore facilità ci arrivano.

Autotelico deriva da “auto” che significa se stesso e “telos” che vuol dire scopo. Quindi un’attività autotelica “si riferisce ad un’attività autosufficiente, ossia fatta senza aspettarsi un beneficio futuro, ma semplicemente perché essa stessa costituisce una ricompensa”.

In altre parole, significa che questa attività svolta ha in sé uno scopo sufficiente grande da permettere il beneficio che ne deriva. All’interno del libro, sono presenti esempi relativi al mondo dell’arte, della danza, dello sport, degli scacchi. Ma ci sono esempi belli anche relativi al lavoro.

Ci sono persone che riescono a vivere il lavoro con pienezza e coinvolgimento pieno. Qui, viene la domanda chiave: Come fanno???

Gli esempi non lavorativi partono da una passione, per cui sembra essere più semplice raggiungere uno stato di abbandono. Quando però parliamo di lavoro, la passione non sempre arriva. Le attività, anche interessanti all’inizio, nel tempo, perdono di interesse e spengono la passione iniziale.

 È qui che Csikszentmihalyi riesce a stupirci regalandoci un’interpretazione possibile e poi verificata attraverso interviste e analisi sociologiche e piscologiche.

Le attività che riescono a generare esperienze ottimali, al di là della loro natura intrinseca, seguono otto semplici (almeno da leggere) regole:

  1. Avere un compito che percepisci di poter svolgere (hai appreso o puoi apprendere le competenze specifiche dell’attività, incrementandole nel tempo, facendo esercizio)
  2. Avere la capacità di concentrarti su ciò che devi fare (riesci a silenziare i sabotatori che ti distraggono durante il suo svolgimento)
  3. Definire un obiettivo chiaro (sai esprimere a parole l’obiettivo e il significato di ciò che stai facendo)
  4. Ottenere feedback immediati (sei in grado di riconoscere l’andamento in termini di risultati parziali che possono avvicinarti o allontanarti dall’obiettivo)
  5. Concentrazione sul compito (sei capace di lasciare all’esterno il mondo fuori e direzionare l’attenzione su ciò che stai facendo nel qui e ora)
  6. Percepire un senso di controllo sulle tue azioni (senti di poter prendere decisioni consapevoli, conoscendo le regole del gioco)
  7. Perdita temporanea del tuo senso del sé (hai appreso a lasciare andare il tuo ego e a vivere l’esperienza senza che quest’ultimo si inserisca distraendo la tua attenzione)
  8. Alterazione della percezione del tempo (sei capace di immergerti talmente tanto che il fattore tempo può dilatarsi o contrarsi a seconda del momento)

In sostanza, tutti questi punti possono essere riassunti in quattro elementi chiave:

  • Bisogna apprendere abilità specifiche incrementali coerenti con l’evolversi della complessità dell’attività che si sta svolgendo
  • È necessario definire obiettivi precisi, incrementali, ricchi di significato per noi stessi e non solo per chi ci sta intorno
  • È importante ricevere feedback che permettano di riorientare le nostre azioni e sentire di controlla l’evolversi dell’attività rispetto agli obiettivi definiti.
  • È cruciale sapersi immergere nelle attività, perdendo il senso del tempo e dello spazio, per lasciare che le nostre personali intuizioni vengano fuori in maniera inconsapevole ed evitando che i nostri sabotatori interni prendano il sopravvento su di noi.

Leggendo tutti questi elementi mi porto a casa un po’ di buon umore e spero che vi possa contagiare. Alla fine, è una questione di metodo e di allenamento. Bisogna comprendere quale punto sia cardine per ciascuno di noi per poter stimolare l’inizio di uno stato di flow.

Questa nuova consapevolezza può liberare il nostro potenziale decisionale. Se un lavoro o un’attività non riusciamo proprio a digerirla possiamo sempre scegliere di sperimentare altro o, se impossibilitati, di cambiarne alcuni aspetti per renderlo coerente con noi stessi.

Non è un processo sempliceveloce. Ma allo stesso tempo non è nemmeno impossibile. E per me è quel che davvero conta.

Ringraziamenti

Chiudo questo articolo ringraziando le persone che con me ieri hanno organizzato un evento che incita il mondo a investire sul Flow e propone di alimentare una cultura del benessere e della felicità.

Non abbiamo lavorato su tutti gli otto punti e nemmeno su tutti e quattro gli elementi chiave. Abbiamo cercato di stimolare tecnicamente il quarto punto. Ossia quello della capacità di immergersi pienamente e sabotare i sabotatori interni. Quello che per noi è più complesso da riattivare.

Ogni workshop organizzato con passione e attenzione per se stessi e per gli altri ha dato accesso ai partecipanti alla possibilità di vivere stati di flusso dove l’esperienza immersiva fosse centrale e di scoprirne il valore. Un’esperienza dove tempo e spazio potessero dilatarsi o contrarsi.

Alcune attività hanno spinto i partecipanti a eliminare i sabotatori interni e la loro influenza sulle nostre interpretazioni. Altri, invece hanno fatto vivere esperienze immersive corporee. Altri ancora hanno regalato la scoperta di quanto sia importante dare attenzione al cibo che mangiamo.

Lo stato di flow può arrivare in qualunque momento. Serve attenzione e voglia di sperimentare. Un po’ come abbiamo fatto noi. Per questo ci tengo tanto a dire:

Grazie per ciò che abbiamo condiviso insieme.

Grazie per la passione che ci abbiamo messo.

Grazie per la forza con cui l’abbiamo portato avanti.

Non era scontato. Come non è scontato vivere stati di flusso se non si decide di farlo e mettercisi di impegno.

PS un grazie speciale va a Escuelita Viva (https://escuelitaviva.com/) per aver abbracciato il progetto e averci regalato un luogo magico che già nella vita di tutti i giorni permette ai bimbi che la frequentano di sperimentare un’educazione diversa. Un’educazione che mette al centro il bambino e la sua famiglia perché diventino insieme a loro luoghi di apprendimento ottimale.

PPSS Ancora buon compleanno Umberto, un esempio di come nella vita si possa scegliere di non fermare mai la voglia di investire sul proprio sviluppo e sulla propria crescita. Non mi ricordo quanti anni tu abbia compiuto, ma quelle candeline erano rappresentative del tuo bambino in eterno apprendimento!

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