Lacrime di Nietzche – Dialogare danzando per sentirsi e combattere lo stress
Ti è mai capitato di parlare con qualcuno che non conosci, magari incontrato, sentendoti accolto come fossi quasi a casa?
Ti è mai capitato di dialogare con persone che hanno regole per tutto e dimostrano poca disponibilità a metterle in discussione?
Ti è mai successo di sentirti sollevato, dopo aver dialogato con una persona che ti ha permesso di aprirti e di lasciare andare le tossine di pensieri ricorrenti non utili?
Introduzione
Oggi vi parlerò di un dialogo danzante. Del potere curativo delle parole. Dello scegliere di aprirsi a un dialogo che parte da un porto sicuro. Il porto delle buone intenzioni. Vorrei che tutto quanto leggerete sia un augurio per tutto il 2019 ricco di dialoghi danzanti e accoglienti. Profondi e leggeri.
Spero di abbandonarmi a nuovi dialoghi. Cominciando da quelli con me stesso, per poi toccare quelli con le persone che mi staranno intorno.
Tutto nasce dal libro “Le lacrime di Nietzsche”, scritto dallo psichiatra e scrittore statunitense Irvin D. Yalom.
Il racconto è incentrato sul profondo rapporto che si instaura tra un medico viennese, di origine ebraica, famoso per le sue dettagliate anamnesi cliniche e per la sua profonda attenzione al paziente, Joseph Breuer, e un filosofo molto più conosciuto, Friedrich Nietzche.
Questa relazione, puramente di fantasia, racconta il profondo bisogno di due esseri umani di aprirsi, per affrontare dubbi e insicurezze. Gli stessi elementi che toccano la vita di ciascuno di noi. A volte, il problema non è non aver a disposizione cose da condividere. La difficoltà è trovare orecchie non giudicanti e aperte alla completa comprensione.
Non parlo solo di chi ci ascolta da fuori. Troppo facile giudicare il mondo esterno, magari sotto forma di condanna per l’influenza dei social network, di fortnite, o a tutto l’ambaradan di mezzi di distrazione di massa. Non è l’esterno l’unico colpevole dell’assenza di scambio reciproco.
Nel 1882, quando è ambientato il libro, non c’erano questi strumenti. E comunque esisteva il problema. Forse da allora a oggi non abbiamo ancora imparato a dialogare danzando con l’altro.
Emicranie e disperazione
Siamo alla fine dell’800 e Nietzsche, spinto da persone preoccupate per la sua salute, si reca nello studio del professor Josef Breuer per curare una forma ricorrente di emicrania. Il dott. Breuer, comunque, sospetta che questa forma di patologia provenga da uno stato di malessere generale che cova all’interno.
I dialoghi con l’amico Sigmund Freud, lo portano a non escludere la possibilità di somatizzazione dei problemi. La vita di Friedrich è stata costellata da diversi tradimenti. Amici, amori, parenti. Il suo mondo relazionale non accoglie di buon occhio la sua purezza di pensiero. Lo stress che ne deriva, secondo il dottor Breuer, potrebbe essere causa delle sue emicranie e dei suoi ricorrenti malesseri.
Peccato che Nietzsche non sia pronto a riconoscere il ruolo dello stress nell’andamento della sua malattia. Come spesso accade anche oggi. Così, per quanto Friedrich apprezzi i servigi di Breuer, inizialmente non vuole collaborare attivamente nella cura e parlare di ciò che lo riguarda intimamente.
Erge un muro per evitare di aprirsi e di fidarsi. Anzi ha retto negli anni una completa roccaforte con diversi muri di cinta. Il dottor Breuer rompe la prima cinta quando rivela al suo paziente che ha appena scoperto di soffrire di un malessere personale che vorrebbe discutere in modo diverso. Attraverso un percorso filosofico. Ispirato a quanto da lui letto nei libri di Nietzsche.
Infatti, anche il dottor Breuer, per quanto abbia una vita piena, ricca, all’apparenza invidiabile, vive ansie e frustrazioni, preoccupazioni emozionali. Anch’egli, sotto sotto, vive una forma di disperazione che alimenta in lui molto risentimento nei confronti del mondo che lo circonda più da vicino.
Ci troviamo davanti a due uomini che nelle loro diversità, vivono una solitudine che li conduce, poco alla volta, a una forma di disperazione. Un elemento che per loro fortuna può unirli.
Il baratto di regole
Tutto si trasforma proprio quando la danza delle condivisioni, frutto di vari accadimenti, si fa più stretta. Dove i passi non sono più incerti. Entrambi si scoprono e lasciano aperte delle porte che permettono di passare da una cinta di mura all’altra. Nella confusione generale di ciò che stanno tentando, le loro personali regole, quelle che li hanno retti fino ad allora iniziano a fondersi.
La confusione è un ingrediente simpatico. Tante volte è distraente, perché non sembra darci chiarezza, altre volte è illuminante. Lascia libera la nostra curiosità. Ciò che valeva prima inizia a non valere più allo stesso modo e apre nuovi scenari.
Possiamo chiamare questi momenti: Insight, balikwas, illuminazione. Lo scambio inarrestabile, questa speciale consulenza filosofico – psicologica, riesce a costruire un ponte tra due mondi che inizialmente sembravano separati.
E il segreto è lasciare andare i pregiudizi e le regole che nella loro formulazione ci creano una gabbia. Una danza dove entrambi possono sentirsi liberi di donare la propria vita e accogliere quella dell’altro senza sentirsi vittima di pregiudizi.
Conclusioni: sperimentare la via del dialogo
Breuer e Nietzsche ci mostrano quanta forza esista nell’arte di dialogare apertamente, generativamente. Nel vivere pienamente i pensieri espressi su loro stessi quando provengono dal cuore. I feedback possono in questo contesto acquisire un potere ipnotico.
Ipnosi, qui, è l’arte di far immedesimare l’altro in ciò che viene proposto come feedback affinché chi lo riceve lo possa comprendere fino in fondo, ricavendone il significato più profondo, senza filtri legati ai nostri pregiudizi interpretativi e alle nostre paure dell’altro, del suo punto di vista.
Peccato che, a volte, questi momenti ipnotici e trasformativi avvengano lontano da chi ci conosce meglio: i nostri amici, parenti. Perché solo con l’esterno siamo disponibili a lasciare andare il nostro giudizio interno. A ridere dei nostri difetti, a piangere delle nostre fragilità e dolori.
Scoprire quanto le nostre regole male espresse ci diano falsa sicurezza, falsa felicità, falsa libertà è il primo modo per riappropriarci del rapporto con noi stessi. E così anche con le persone che ci vogliono davvero bene. Regole male espresse sono quelle dove tutto è vincolato, asfittico, fatte di parole come “mai” e “sempre”.
Per questo 2019, spero di incontrare sempre più persone con cui divertirmi nel fondere le regole e dialogare in profondità, anche mettendo in dubbio le mie certezze e le mie maschere, i miei personaggi. E così combattere lo stress che come ogni persona produco in abbondanza (cortisolo per quest’anno nun te temo 😉) E così auguro anche a voi.
Auguri per un anno leggero e divertente, ma profondo e illuminante, fatto di dialoghi danzanti e come direbbe il mio amico Ambrogio … dialoghi mirabolanti.