Storytelling per la formazione esperienziale: Andrea e le sue avventure

StregattoTi piace raccontare storie e far entrare i tuoi ascoltatori nel tuo mondo, verosimile o immaginario che sia?

C’è almeno un film o un libro che ti ha talmente rapito da permetterti di apprendere qualcosa senza doverla sperimentare sulla tua pelle?

Ti sei mai incantato davanti a qualcuno che racconta aneddoti e li trasforma in esperienze di vita e di apprendimento?

Introduzione

Andrea ama raccontare storie e lo fa spesso. Nel suo lavoro gli viene facile. Si occupa di marketing all’interno di una multinazionale con base a Cagliari in Sardegna. Facile era l’espressione che utilizzava spessissimo per motivare i suoi colleghi prima di scoprire la formazione esperienziale, il coaching e il Tai. Tutto cominciò diverso tempo fa, grazie a un bel mal di schiena. Cosa può centrare un mal di schiena con la trasformazione di una persona? 

L’arte di fare storytelling nasce dal piacere di condividere storie. Prima ancora di affrontare il metodo che potremmo utilizzare per raccontare in modo efficace le storie, dobbiamo domandarci quale sia il nostro rapporto con esse. Sembra una domanda banale. Eppure, se provi a portela ora, anche adesso, la risposta può sorprenderti 

A meno che tu non faccia un lavoro per cui le storie fanno parte della tua vita personale e professionale. Un formatore o un coach come nel mio caso (ma non siamo gli unici a utilizzarle 😊), le storie non sempre sono associate all’apprendimento degli adulti. Anzi quasi mai.

Io la penso diversamente. Come nessuno degli strumenti che utilizzo tutti i giorni, nemmeno lo Storytelling può e deve diventare la panacea di tutte le educazioni. Sarebbe bello che fosse la chiave di volta per diventare cintura nera della formazione e del coaching. Chi è lavora con le persone si sarà accorto che non sempre è sufficiente un singolo approccio. Alcune persone cambiano meglio nel tu per tu, altre apprendono meglio lavorando insieme ad altri. Il bello è che l’alternanza tra i metodi sembra portare maggiori risultati e maggiore soddisfazione.

In sintesi, bisogna diventare come Alessio Sakara (per chi lo conoscesse è un campione di MMA).

Alessio Sakara

Storytelling e MMA

Cos’è l’MMA

Alessio Sakara, per vincere, non può eccellere in una sola disciplina. Deve padroneggiarne diverse. L’MMA significa Mixed Martial Arts. Arti Marziali Miste. Quindi, ogni atleta che voglia gareggiare con Alessio deve apprendere un po’ di tutto (non sono un esperto sul tema, per cui potrei aver omesso o distorto alcune delle informazioni rilevanti):

  • Lotta libera,
  • Boxe, muay thai
  • Brasilian ju jitsu
  • Judo,
  • Karate,
  • Ju jitsu giapponese,
  • Sambo,
  • Sanda

Chi pratica questo sport, sa quanta fatica si faccia per sperimentare le tecniche che stanno dietro a questi sport marziali. Ognuno di essi dona qualcosa allo stile dell’atleta e ognuno di essi gli regala una possibilità in più di vincere. Potrebbe servire un colpo da terra come un calcio verso l’alto. Non c’è abitudine che tenga. Ogni istante bisogna scegliere la mossa più efficace. E tutto in un istante.

Così, allo stesso modo, accade quando si fa formazione. Il formatore, come il coachl’educatore, il counselor, lo psicologo e, spesso, anche il manager più illuminato che vuole sviluppare i talenti dei suoi collaboratori, deve diventare sempre di più un MMA dell’educazione. Sostanzialmente un MEA, ossia un Mixed Educational Arts.

Cassetta degli attrezzi

Ma come si può diventare un MEA?

Serve diventare esperti di più metodi. Perché le persone sono sempre più bombardate da una moltitudine di  messaggi. Il cervello per difendersi ha scelto di abbassare la curva di attenzione e di alzare la saracinesca dei pregiudizi.

Molti esperti di sviluppo sono già plurimetodologi. Conosco diversi psicologi che sono anche coach, molti formatori che sono anche counselor, molti esperti di Programmazione neurolinguistica che sanno anche utilizzare l’analisi transazionale (tutti metodi educativi che servono per parlare di relazioni efficaci e di comunicazione).

Anche lo storytelling è un’ottima arte marziale d’apprendimento. Tra l’altro, una delle più storiche. Un certo qual Gesù parlava attraverso le parabole, quando voleva trasferire qualcosa di davvero importante. Anche le altre religioni, quando voglio veicolare messaggi profondi e importanti scelgono questa metodologia. Le storie formano.

Ora è probabile che vi sia rimasta in mente la connessione metaforica MMA, Mixed Martial Arts, con MEA, Mixed Educational Arts e il fatto che i formatori e gli esperti di sviluppo delle persone  devono padroneggiare più arti. E tutto ciò è avvenuto senza dirlo in modo chiaro e diretto. Lo scopriamo all’ultimo, al termine della lettura.

Perché non dirlo direttamente allora? Che vantaggio ne ricaviamo da questo meccanismo? Non facevo prima a dirvi che per fare il formatore ci vogliono più competenze e che l’efficacia nell’educazione aumenta all’aumentare delle discipline che vengono apprese?

La morale di uno storytelling

La risposta sta nell’obiettivo che abbiamo in mente di raggiungere. Sicuramente una comunicazione diretta, informa in modo più veloce, ma il messaggio si ferma a un livello superficiale. Quando usiamo lo storytelling, le storie, invece, perdiamo efficacia nella chiarezza della comunicazione, ma guadagnami in altro.

Cosa guadagniamo quindi?

Quando utilizziamo storie e metafore, ogni parola aumenta la sua portata. Parlare di Mixed Martial Arts, ad esempio, si porta dietro il sudore di chi pratica arti marziali, di chi non ha paura di combattere e di affrontare sfide difficili e dure. Il formatore acquisendo, grazie alla metafora, queste caratteristiche diventa un esperto che ha sudato, si è impegnato, per diventare anch’egli, seppur in un mondo differente, esperto in diversi campi e ha il coraggio di affrontare situazioni anche dure. E tutto ciò senza averlo detto, ma avendolo lasciato trasparire solo tramite una veloce associazione.

Un abile storytelling ha il potere incredibile di connettere, legando emotivamente fatti e personaggi a situazioni disparate portandosi dietro innumerevoli messaggi. Quando le storie funzionano è perché sono riuscite a stimolare l’associazione e hanno attirato emozioni incredibili. Sono connessioni forti e dirette perché parlano il linguaggio sacro delle emozioni.

Cosa serve perché le storie siano effettivamente un buon mezzo di comunicazione?

Quando lo storytelling funziona

Chiunque voglia trasformare i propri aneddoti in formazione efficace e apprendimento durevole può scegliere di utilizzare questo semplice schema:

  • Decidere quale messaggio trasferire, scritto in modo sintetico e emozionale.
  • Scegliere quali aneddoti meglio rappresentino questo messaggio. Non serve che la storia rappresenti una situazione totalmente sovrapponibile. Serve solamente che il principio attivo della storia, la metafora, richiami dei valori che sono importanti anche per la trasmissione completa (non solo il lato cognitivo, ma anche quello emozionale) del nostro messaggio.
  • Creare lo storyboard del discorso, organizzandolo in quattro passaggi:
    • Introdurre la storia o la metafora senza far comprendere quali siano le connessioni con il messaggio che vogliamo trasferire,
    • Porre delle domande che facciano riflettere l’uditorio sul tema e che lascino intravedere le possibili connessioni con il messaggio chiave,
    • Rivelare il messaggio che vogliamo trasferire lasciando che si connetta in modo emozionale con la metafora prescelta
    •  Chiedere agli uditori di decidere quali apprendimenti si impegneranno a utilizzare dal giorno successivo e verificare quanto i messaggi chiave sono stati trasferiti sia da un punto di vista dei contenuti tecnici sia emozionali.

Storytelling Model Canvass - 5W

Cosa ne pensa Andrea

Questo articolo è cominciato parlando di Andrea. Qualcuno potrebbe domandarsi chi sia questo Andrea. Si tratta è il personaggio a cui ho affidato molti dei miei messaggi educativi e manangeriali. Grazie alle sue avventure, a volte sventure, ho cercato di trasmettere in modo coinvolgente i temi che affronto tutti i giorni in aula o in sessioni di coaching. Eccone alcuni esempi:

  • Comunicare efficacemente e parlare in pubblico
  • Ascoltare in modo generativo e allenare l’empatia
  • Dimostrare leadership e autorevolezza

Andrea non è un campione in nessuna di queste discipline. Come tanti si trova a galleggiare tra successi e insuccessi, soddisfazioni e insoddisfazioni. Ha un equilibrio un po’ precario che gli ha permesso di raggiungere risultati anche importanti, ma che non gli ha dato la libertà di vivere felice. Per quanto abbia tutto quello che pensa di desiderare, lo affligge una certa inquietudine che dopo averlo toccato non vuole più abbandonarlo. Una strana presenza che più gli sta vicino, più lo fa sentire solo.

La vita per fortuna per dagli una mano lo mette di fronte a un doloroso mal di schiena. Sarà che la schiena rappresenta una parte importante del nostro equilibrio, sarà che il momento era quello giusto, sarà una completa casualità, ma quel dolore, o meglio il messaggio che stava custodito al suo interno, entrerà “da tergo” nella vita di Andrea e non ne uscirà più.

Per chi voglia conoscere Andrea (sperimentare il mio/suo modo di interpretare l’arte di fare Storytelling) lo trovate raccontato all’interno del mio libro “Come l’acqua”.

Come-l'acqua-Mockup_01

Questo metodo si può applicare in tanti contesti, ovunque possa esserci la necessità di mandare messaggi complessi in modo semplice e duraturo.

Come sempre, vi invito a sperimentare il metodo e a mandarmi i vostri preziosi commenti (anche quelli negativi ovviamente 😊).

Buona lettura!!!

Fabio

#Connectance #LearningBySharing

 

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