Sergio Marchionne – Visione, principi, mentalità

Sergio Marchionne – Visione, principi, mentalità

Cosa possiamo trarre dall’esperienza di Sergio Marchionne?

Come funzionava la sua leadership?

Come era visto da i suoi amici? E dai suoi nemici?

Sergio Marchionne viso sorridente

Intro

Il 3 mag 2019 è stato un giorno molto ricco. Ero a Milano, insieme al collega e amico Umberto per una due giorni, molto intensa, con un team di Product Specialist su un tema che amo particolarmente: la negoziazione.

Alle 17 e 35, dopo una bella chiusura motivazionale, prendo un treno per Parma, perché la sera ero stato invitato come ospite di un evento speciale: un Inter club dei Lions.

Non sempre mi capita di sperimentare una chiusura motivazionale. Dipende dalla forza con cui i partecipanti affrontano le sfide proposte durante il percorso. Dipende dall’energia che percepisco nei loro occhi. Quel pomeriggio l’ho sentita e l’ho navigata.

Un cerchio di persone che sulle note di una canzone per speciale, Vivir mi vida, hanno iniziato a saltare e incitarsi l’un l’altro.  Lo scopo è quello di attivare entrambi gli emisferi del cervello per favorire una più completa memorizzazione delle tecniche proposte.

Si inizia visualizzando se stessi, forti dell’esperienza d’apprendimento appena vissuta. Poi si immaginano i risultati ottenuti grazie alle competenze studiate. Infine, si festeggia in modo da attivare quanti più neurotrasmettitori possibili.

L’idea di farlo in modo entusiasmante, quando c’è la fiducia giusta, può generare emozioni incredibilmente potenti e cambiamenti di stato che permettono una elaborazione e memorizzazione ulteriore di ciò che si è appreso.

Ma la scelta di farla era anche connessa con un mio bisogno personale. Avevo voglia di introiettare tutto quanto avevo letto, ascoltato e visto, negli ultimi 6 mesi, per prepararmi alla sfida che avrei affrontato quella sera: parlare di “Sergio Marchionne: visione, valori, mentalità”. In quel cerchio di energia c’ero anche io nel cambiamento.

Alle 20 e 15, ero in sala pronto, microfonato, soprattutto emozionato di fronte a un’ottantina di persone provenienti dall’intera Emilia Romagna. 5 Inter Club insieme. Tutti per ascoltare e condividere riflessioni su un personaggio molto discusso, chiacchierato.

Perché Sergio Marchionne

La scelta dell’Amministratore Delegato della FCA nasce da un insight di Evelina Cavatorta, il Presidente del L.C. Montechiarugolo. L’ho conosciuta quando mi coinvolse a novembre 2018 presso la stessa sede per raccontare le gesta di Andrea il protagonista del libro “Come l’acqua”.

Per chi non lo conosce, “Come l’acqua” è uno storytelling che ha come protagonista un manager. Dalle sue avventure, a volte disavventure 😊, si comincia ad apprendere le metodologie manageriali. Le storie insegnano come pochi manuali sono in grado di fare.

Questo avviene, perché le persone quando si immedesimano in esse, vivono le stesse emozioni del protagonista. Paura, la Gioia, la Tristezza, il Disgusto sono emozioni che il cervello vive in modo naturale.

Il particolare che non tutti sanno è che le emozioni sono parte attiva del nostro modo di ricordare gli eventi e, soprattutto, i contenuti che vogliamo apprendere.

Tutto ciò è “colpa” dell’ippocampo. Ogni volta che immagazziniamo un ricordo di qualunque genere nella nostra memoria di lungo periodo, lui lo “timbra” con l’emozione che meglio descrive il nostro modo di vivere quel ricordo.

È per questa ragione che di alcune materie scolastiche ci ricordiamo benissimo la faccia del “prof” ma abbiamo dimenticato tutti i contenuti. E per la stessa ragione, di altre materie ricordiamo ogni contenuto, anche se non abbiamo una immagine così nitida del volto del professore. Tutta chimica.

Marchionne ha una storia importante, fatta di tantissimi episodi che raccontano cosa significhi essere leader di un’azienda in una situazione di crisi. Ogni elemento di essa può essere connessa a insegnamenti manageriali utili per chi voglia fare impresa.

Pensiamo, ad esempio, a Marchionne che consegna della nuova JEEP Wrangler all’Arma dei Carabinieri. Questo per qualcuno di noi potrebbe essere un gesto di semplice marketing. In parte lo potrebbe essere. Anzi lo è. Ma, se andiamo a guardare la storia di Sergio Marchionne il punto di vista può cambiare.

Sergio Marchionne è figlio di Concezio Marchionne, maresciallo dei carabinieri, in servizio negli anni trenta in Istria. Quando va in pensione ed emigra in Canada, Concezio Marchionne si porta dietro l’Arma nel cuore. Diventa segretario a Toronto dell’Associazione Nazionale Carabinieri.

Questo fatto ci porta direttamente all’interno di uno dei valori più forti, “radicati” all’interno della cultura dell’AD di Fiat: l’importanza delle sue origini.

Quanto possono essere importanti le radici per un uomo all’apparenza così internazionale?

Radici Marchionne

Le radici

Ascoltare direttamente dalle parole di Marchionne quanto fossero importanti per lui le radici, credo sia importante, per riconoscerne il valore delle radici nella sua vita. Siamo a Chieti, presso l’Università. Ha di fronte future generazioni di potenziali manager.

“L’Abruzzo è la mia terra. Sono nato qui, a Chieti. Qui ho fatto i miei primi otto anni di scuola. E forse, se non fossi emigrato in Canada con la mia famiglia all’età di quattordici anni, avrei frequentato anche questa università.

Non è mai facile allontanarsi dalla propria casa, dalla propria gente, dalle proprie radici. Lo sanno bene anche quelli di voi che per lavoro sono arrivati in Abruzzo da altre regioni.

Ma le esperienze che ho compiuto in giro per il mondo sono state tutte importanti per la mia crescita professionale e personale. Sono dovuti passare quasi quarant’anni e altre due nazioni – la Francia e la Svizzera – prima che la vita mi riportasse in Italia.

Ma per quanto lontano si vada, rimangono dei punti fermi importanti. Per me l’Abruzzo è uno di questi. Torno ogni volta che mi è possibile, per trovare luoghi e volti familiari.”

Grazie a queste parole, possiamo entrare, come direbbe Alberto Angela, nell’evento della consegna della Jeep Renegade all’Arma dei Carabinieri con occhi nuovi. Sergio Marchionne ha vissuto l’intera vita, respirando il mondo dei carabinieri e la loro disciplina. Non è finzione, è la sua vita.

Una disciplina, tra l’altro, che chiede a se stesso e a tutte le persone che lo affiancano nel mondo del lavoro. E che non ritrova sicuramente nella FIAT che lo accoglie negli anni 2000.

Infatti, nelle diverse biografie che ritraggono la sua vita di manager, ci sono anche le parole di uno psicologo che accoglie molti dei dirigenti travolti dal metodo Marchionne. Li descrive come ammirati e allo stesso tempo affranti. Sergio dichiara i suoi valori e li incarna in ogni sua azione. È un esempio difficile da seguire.

Ecco realizzarsi l’ammirazione per la sua capacità di avere visione e la tristezza di non essere capaci di perseguire gli stessi principi, a causa di anni di incuria e lassismo. È famoso e, soprattutto, emblematico l’incontro di Sergio Marchionne con FIAT. Siamo in estate.

La FIAT è quasi fallita. Sergio vuole salvarla e decide di iniziare l’anamnesi. Si comporta come un medico. Il paziente è quasi morto, ma lui sa che può fare qualcosa solo scoprendo la relazione sintomi e cause. L’unico modo possibile è quello di … Toccare con mano la situazione della FIAT all’interno del paese Italia.

Con suo immenso stupore, le fabbriche di quella calda estate, sono chiuse. Le persone di un’azienda quasi fallita sono in vacanza. Questo evento gli mostra immediatamente uno dei “veri” problemi della FIAT: la mentalità.

Sergio Marchionne comprende così, fin dai primi passi in azienda, che i valori che l’avevano guidato per anni durante la sua veloce carriera non erano presenti in Fiat, al Lingotto, negli stabilimenti produttivi.

Quando inizia l’opera di risanamento, Marchionne investe proprio nel diffondere i valori cardine che suo padre Concezio gli ha, con il suo esempio, insegnato. Non ce l’avrebbe fatta solo con la competenza tecnica. Il cambio della FIAT doveva partire dall’atteggiamento mentale delle persone che ogni giorno la abitano.

Al di là della liceità delle scelte fatte, Sergio Marchionne è riuscito a portarsi dietro il mondo aziendale e produttivo, grazie al potere dei suoi valori e della sua preparazione tecnica. Due facce della stessa medaglia manageriale.

Ora, alla luce di questi fatti, può diventare più chiaro perché la consegna di questa vettura non sia solo un’azione di marketing. Questo regalo all’Arma è come i suoi ritorni in Abruzzo. O come la ricorrente presenza allo Stadio del Pescara.

È il suo modo di rappresentare la sua visione e di rimanere in contatto con le sue “Radici”. Radici che l’hanno ispirato e aiutato a tenere alta la sua stessa motivazione.

Ma quali elementi chiave caratterizzano il pensiero tipico di Marchionne?

Principi e visione Marchionne

I suoi principi chiave

Il pensiero di Sergio Marchionne è paradossalmente semplice. Nulla di artefatto e complicato. È fondato su principi guida semplici e chiari:

  • Una filosofia dove il merito prevale sulle conoscenze.
  • La leadership sull’autorità.
  • La ricerca dell’eccellenza sulla mediocrità.
  • Lo spirito competitivo su una visione egocentrica.
  • E l’affidabilità sulle vane promesse.

La sua vita passata in Italia, Canada e Svizzera gli aveva trasmesso un primo grande insegnamento. Senza meritocrazia non è possibile reggere e ben amministrare un’azienda fatta di persone. La rete di conoscenze fine a se stessa può solo portare al baratro.

E FIAT era proprio a due passi da questo buco nero quando la conobbe. Responsabilità era la risposta che voleva generare. Voleva che ognuno dei suoi manager, dipendenti, operai sentisse il potere di questa parola. E sperava che ciascuno si prendesse la propria parte nella direzione di raggiungere il fine ultimo dell’azienda. La sopravvivenza.

Non investiva su persone che eseguivano ordini, ma voleva che tutti comprendessero le finalità di ogni scelta sapendone trasferire l’importanza sottostante. Era disponibile a ricevere “no” purché fossero motivati e decisi. In sostanza, voleva dei leader con visione chiara e affidabile.

Avere una visione, costruirla insieme, gli permetteva, inoltre, di investire sulla cultura dell’eccellenza contro la passata mediocrità. E questa cultura nuova voleva che investisse anche tutta la rete di fornitori.

I fornitori non potevano più essere piccole aziende, con standard differenti, spesso di proprietà di parenti di dipendenti FIAT. I fornitori dovevano diventare partner strategici, legati a FIAT da accordi quadro generali dove i livelli di servizio potessero essere … Eccellenti.

Il pensiero Marchionne non finisce qui. Per vincere in qualunque settore, bisogna essere competitivi rispetto ai bisogni del mercato. Un mercato fatto di consumatori che hanno le proprie preferenze che non si accontentano di quattro ruote, un pianale e una carrozzeria.

I clienti vogliono essere serviti con cura, vogliono fidarsi dell’azienda di cui scelgono i prodotti. E così va ricostruito il processo produttivo. Vanno abbassati i costi inutili e migliorata la qualità. Una sfida che non spaventa Marchionne. Anzi.

A tutto ciò, va aggiunto il nuovo orientamento verso un’affidabilità a 360°. Azienda e prodotti insieme devono generare fiducia. Proprio come i manager aziendali devono generare fiducia nei confronti dei propri collaboratori.

La genialità di Marchionne può essere inserita all’interno di uno approccio metodologico? Esiste davvero un metodo Marchionne?

OVS Organizational Vital Signs

Organizational Vital Signs nello stile di Marchionne?

Mentre leggevo le diverse biografie sulla sua vita, mi tornava spesso in mente un modello di gestione d’impresa ideato da una associazione internazionale chiamata Six Seconds: l’OVS, Organizational Vital Signs. Spesso, lo approfondisco all’interno delle mie aule sulla gestione del cambiamento.

Si tratta di un modello semplice e, allo stesso tempo, completo nel descrivere i comportamenti aziendali e può essere interessante utilizzarlo al fine di creare innovazione nella gestione di tutti gli asset d’impresa.

In sostanza, questo modello ci ricorda che le aziende, gli imprenditori e gli AD, quando sono illuminati, definiscono, in modo più o meno consapevole, una strategia di valore che può guidare come un faro tutte le attività di impresa. Si tratta del “Why” di Simon Sinek. È la proposta di valore dell’impresa (UVP).

Apple aveva, ad esempio, “Rompere gli Status Quo”. E, infatti, nell’azienda di Steve Jobs, ogni azione messa sul campo dai dipendenti era rivolta verso questo scopo ultimo. Mettere in discussione tutto ciò che era sempre stato considerato vero.

Ad esempio, l’idea che i computer fossero strumenti esclusivamente di lavoro. Oggi, sappiamo quanto questa visione abbia cambio il nostro modo di usare i personal computer. La strategia, per tutte, queste ragioni, viene posta in alto. Una sorta di stella polare.

 

L’organizzazione delle risorse, delle attività, dei ruoli strategici e operativi vien posta nella parte destra del modello e rappresenta la capacità di mettere in campo la migliore formazione possibile al fine di raggiungere i risultati. Significa riconoscere le reali necessità aziendali da un punto di vista organizzativo e finanziario.

Strategie e organizzazione da sole non reggono un’impresa. Un’azienda deve definire anche l’operatività. Ossia deve scendere in campo e trasformare le idee in azioni. Bisogna realizzare i servizi e/o i prodotti, stabilire le modalità e gli standard di riferimento per erogarli. Sono ingredienti necessari per poter portare l’impresa sul mercato, renderla diversa dalle altre.

Un’impresa, però, è fatta di persone. E ogni persona è diversa dalle altre. Possiede i propri talenti. Le proprie capacità e competenze. E, le imprese eccellenti, sanno riconoscere i tratti distintivi di ciascun componente della squadra e sanno metterli al servizio dell’impresa.

L’incrocio di questi quattro elementi, strategia, organizzazione, operatività, persone determina 4 fattori chiave per il successo.

In primo luogo, quando un’azienda ha una strategia di valore condivisa, unita a un’organizzazione chiara, significa che è in grado di cambiare pelle velocemente e, in modo anticipato, rispetto al mercato. Ecco in azione il fattore Change, agilità nel cambiamento.

Avere un’organizzazione ben definita insieme a standard di risultato compresi e riconosciuti importanti da tutti permette di raggiungere una execution eccellente.

Quando le operations sono condivise da tutti e le persone sentono di mettere i propri talenti e competenze al loro servizio di queste operations, il fattore teamwork diventa incredibilmente potente.

Quando le persone sentono di essere viste per le proprie qualità distintive e percepiscono il proprio contributo all’interno della visione strategica aziendale, il fattore motivazionale cresce in modo determinante.

Infine, al centro del modello, c’è la capacità di chi governa l’impresa di generare fiducia. La fiducia può essere rappresentata come un tavolo che può essere sostenuto grazie alla presenza di tre gambe. La prima gamba è la competenza specialistica, la seconda è l’affidabilità e la terza la trasparenza. Quindi, essere esempio di ogni comportamento richiesto è la prima azione strategica per generare fiducia.

Quando però traballa una delle tre gambe, traballa l’intero tavolo. E i clienti dove percepiscono sfiducia, sono ormai in grado di avere alternative. E la stessa cosa vale per gli stessi dipendenti.

Alla luce di questa breve introduzione sul modello OVS, credo che possiate cogliere quante sovrapposizioni possano esserci tra questo modello e il metodo Marchionne. Nella sua visione manageriale, ogni elemento qui condiviso è stato toccato in modo curato e ha contribuito al salvataggio di Fiat.

Meritocrazia, radici, eccellenza, competizione erano parte del suo mantra e permeavano ogni sua azione. Non è quindi casuale la coesistenza di amore e odio nella percezione di Marchionne. L’asticella più viene posta in alto e più frustrazione e malessere crea.

Infine, la coerenza che unisce, la sua visione strategica, la sua capacità di organizzare le risorse e le attività, il suo orientamento a operations semplici e dagli elevati standard, la sua capacità di scegliersi persone di talento intorno, ha generato quel risanamento che ha salvato la FIAT.

Conclusioni

Conclusioni

È un vero peccato non aver avuto la possibilità di conoscerlo da vivo. Avrei voluto poter partecipare a un meeting dove fosse stato protagonista. Sentire una sua apertura emozionale, ascoltando citazioni di filosofi a lui cari. Ogni discorso è completamento diverso a seconda dell’interlocutore che avesse di fronte.

Riusciva a cogliere l’interesse di ogni sua tipologia di pubblico. Dai ragazzi dell’università ai consigli di amministrazione, passando per Obama e per i politici con cui ha dovuto interagire.

Le tre lauree – filosofia, economia e giurisprudenza – trovavano spazio all’interno di ogni suo discorso. La sua capacità di analisi grazie a questo triplice punto di vista diventava difficile da seguire. Qui possiamo trovare una possibile ragione delle difficoltà nello stargli accanto.

Dare l’esempio è difficile, perché significa essere davvero convinto delle proprie visioni e mettere il 100% di se stessi in quel che si sta facendo. Marchionne era così. 100% se stesso in ogni situazione.

Da quando andava a mangiare in pizzeria con la scorta, cosa mai accaduta prima in FIAT, a quando litigava con i sindacati perché non li vedeva uniti nel negoziare con l’azienda, come ad esempio accadeva in America dove è presente una sola sigla sindacale, la UAW.

Anche se non tutta la sua vita è esempio di virtù, credo sia stato un ottimo esempio di persona illuminata che ha utilizzato metodi alla portata di tutti. Il problema è capire come fare per impegnarsi e far diventare quei metodi parte di noi stessi e parte del nostro stile manageriale nella vita di tutti i giorni.

Diventando anche noi esempio di ciò che vogliamo vedere negli altri. Con questo articolo, spero di aver fatto scoprire un po’ di Marchionne in ognuno di noi. E, altresì, spero che Marchionne possa essere fonte di ispirazione come lo è stato per le persone presenti durante la serata evento a Parma il 3 maggio.

Ringrazio ancora la presidentessa Evelina Cavatorta per l’opportunità e tutte le persone presenti durante quella speciale serata.

In particolare, ringrazio Fernanda Paganelli Past Governatore, Teresa Filippini coordinatore LICF (fondazione dei Lions), Giordano Bruno Arato, candidato alla carica di 2° Vice Governatore e tutti i delegati presenti di 10 Lions Club su 11 di Parma insieme ai delegati di Ferrara, Bologna e Modena.

Uno speciale ringraziamento va anche agli sponsor della serata: Pneus Service e Gruppo Zatti

Locandina Marchionne 2019 - Parma Lions 2

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