Liberate il cervello – il mio auguro per il 2018

Liberate il cervello – il mio auguro per il 2018

 

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“Non siamo venuti al mondo per conformarci a un’impronta ma per lasciare la nostra”

Introduzione

Questo articolo nasce da uno dei regali che ho trovato sotto l’albero di Natale: un bellissimo libro. Idriss Aberkane è riuscito proprio a farmi arrabbiare. Non perché abbia scritto qualcosa di sbagliato. Anzi. Ha scritto un libro che avrei voluto produrre io.

Sono solo un po’ invidioso 😊

“Liberate il cervello” è riuscito a stupirmi. Un unico libro che integra tutte le metodologie (per certi aspetti potrebbe odiarmi per aver utilizzato questa parola 😊) che da anni sto studiando con attenzione, dedicandoci tanto tempo libero. Sono tra le persone fortunate che amano leggere. Curiosare. Soprattutto quando l’argomento è lo sviluppo dei talenti delle persone.

Durante quelle abbuffate di informazioni e conoscenza (secondo Idriss Aberkane  le prime sono dati puntuali e le seconde costrutti riproducibili nel tempo e possono essere trasferite e utilizzate tra un’epoca e un’altra), il mio cervello vive attimi di vuoto temporale. Non mi accorgo del tempo che passa. Entro in una sorta di stato ipnotico.

Come dice l’autore, Idriss Aberkane, le ore di attenzione (At) sono ottime unità di tempo per valutare quanta passione (vedremo sarà un elemento distintivo della teoria proposta nel libro) mettiamo nel nostro lavoro e nelle attività che svolgiamo. Non considera, perciò, le ore reali dedicate, ma quelle dove l’attenzione è piena, totalizzante. Quando dimenticate gli orologi e vi lasciate trasportare da ciò che fate (se ne vivete pochi, significa che il vostro percorso di scoperta di ciò che vi appassiona non è ancora concluso).

“Non bisogna costringere il cervello ad assomigliare alla scuola, ma la scuola a somigliare al cervello”

Idriss Aberkane - Ore di attenzione + Can Do Love Matrix

Chi è Idriss Aberkane?

Stiamo parlando di un giovane professore universitario. Una sorta di Steve Jobs nel mondo dell’apprendimento. Un visionario, creativo che mal si adatta ai dogmi che regolano la scuola di oggi.

Appare un po’ rivoluzionario nei modi (altrimenti il paragone con Steve Jobs non sarebbe stato azzeccato) e, personalmente, a volte mi allontana (chi mi conosce sa che sono più vicino all’idea di rivoluzione pacifica che a quella belligerante), ma la sostanza con cui motiva ogni suo approccio mi ha convinto.

Come me, ama i talenti delle persone (crede che siano molti di più di quelli che il nostro mondo iper industrializzato, è in grado di tirar fuori), in particolar modo, ama osservare le potenzialità dei ragazzi e creare contesti in cui vengano fuori (wow!!!). Odia, come me, le regole e l’approccio conformista e comodo della scuola.

“Io odio l’organizzazione della scuola”

Su questo punto, mi ha stupito in particolar modo. Non si è fermato a odiare il sistema scuola, le direttive dei provveditori, la dottrina acritica del soffrire per imparare. Ha saputo oggettivare la sua idea di scuola e la sconfitta del modello di apprendimento attuale. Parla in particolar modo della Francia (terra da cui proviene), ma, dalle sue descrizioni, sembra parlare anche del nostro sistema scolastico.

Parte da un presupposto che condivido in pieno. Bisogna ritornare a capire quale è lo scopo della scuola. Quale è?

Pensiamo al solo termine “Scuola dell’obbligo”. Quale è il suo scopo? La finalità?

Per me, educare i ragazzi e le ragazze, bambini e bambine, donne e uomini, significa portarli a vivere una continua ricerca di libertà di espressione, nel rispetto delle libertà di espressioni di ciascuno e finalizzata al raggiungimento della propria missione di vita (che sia un lavoro, volontariato, …)

Ognuno ha capacità distinte e necessita tempi di apprendimento differenziati. Un modello di apprendimento che rende tutti uniformi non risponde alle peculiarità di ogni individuo. Tra l’altro, i canoni scelti come standard non sono nemmeno predittivi di risultati distintivi nella vita professionale e personale. Né felicità né ruolo in azienda sono vincolati ai risultati scolastici. Incredibile, no?

Ossia utilizzando le parole dell’autore, “ampliare la libertà attraverso l’istruzione, mettere l’istruzione al servizio della libertà, non l’inverso.”

Ispirarsi ai Fantastici 5

Per raggiungere la sua idea di “Scuola”, Idriss  si ispira ai Fantastici 5 (da non confondere con i supereroi della Marvel, anche se forse qualche super potere potrebbero averlo 😊):

  • Ken Robinson, che ha sottolineato con lucidità l’aspetto industriale della nostra scuola «tradizionale».
  • Il secondo è Matthew Peterson, neuroscienziato dislessico che è riuscito a insegnare la matematica ai suoi allievi senza utilizzare alcuna spiegazione verbale ma unicamente con i videogiochi, facendo sì che gli allievi superassero brillantemente i test a livello nazionale.
  • Insegnare con i giochi è esattamente ciò che raccomanda la straordinaria psicologa Jane McGonigal
  • Simon Sinek, esperto di marketing, ha ricordato che le masse non si muovono, la gente non s’impegna attorno alle domande «cosa» e «come» ma alla domanda «perché» (spesso lo cito anche io nei miei articoli e nei miei corsi)
  • e Gunter Pauli, «lo Steve Jobs dello sviluppo sostenibile», uno dei maggiori protagonisti del Rinascimento attuale, che nel suo libro la Blue economy afferma chiaramente che «non dev’essere la natura a produrre come le nostre fabbriche, ma devono essere le fabbriche a produrre come la natura».

Ognuno di essi dimostra quanto siamo lontani dal modello ideale. Un modello che ha come scopo quello di riproporre gli approcci multidisciplinari e multi canale tipici del periodo rinascimentale. Una sorta di Neo rinascimento nell’arte di educare.

Un nuovo (vecchio) sistema scolastico

Chissà cosa potrebbe cambiare la vita futura dei nostri figli se potessero studiare come fece Leonardo Da Vinci

A quell’epoca veniva utilizzata la nota “regola dei terzi” (da non confondere con la regola dei terzi in fotografia). Viene così descritta dall’autore:

In epoca rinascimentale la «regola dei tre terzi» era alla base delle materie umanistiche: si deve trascorrere un terzo del tempo con se se stessi, un terzo con qualcuno che vi insegni delle cose, e un terzo con qualcuno a cui potete insegnare a vostra volta. Un terzo da soli, un terzo con i propri mentori, un terzo con i propri allievi: ecco l’equilibrio praticato empiricamente dai Leonardo da Vinci, Platone o Erone di Alessandria. Come abbiamo potuto essere tanto incoscienti da prenderne le distanze?

Stiamo tornando in modo inconscio e destrutturato verso questo approccio. Stanno aumentando, infatti, in modo esponenziale i corsi di Mindfulness, di Yoga, Tai Chi (ritorno al tempo con se stessi). Le persone stanno dedicando sempre più tempo a tradurre le proprie conoscenze su blog personali, su piattaforme tipo Youtube (un po’ come sto facendo io ora). Il problema ora è far sì che questi terzi si parlino. Serve l’ausilio di una nuova consapevolezza.

Un nuovo punto di vista da creare

Il miglior modo per far sì che il mondo si possa evolvere (se i politici rappresentano l’elettorato, di strada ne dobbiamo fare tanta), sfruttando le incredibili potenzialità dei propri abitanti, è quello di generare una nuova cultura fondata sul dare voce a ciò che è “possibile”. Oggi, la scuola sottolinea ciò che “non va bene” e instilla la “falsa credenza” che le persone non possono fare tutto (spesso sento dire da adulti vaccinati da l'”impossibilità appresa“: “è importante che lo capisca da piccolo/a così evita di vivere di sogni e può mettere la testa a posto”).

Purtroppo, riporto le parole dell’autore che trovo descrivano in modo davvero completo anche la situazione italiana (non parlo dei singoli professori che anzi in molti casi ci mettono l’anima, parlo del disinteresse da parte delle istituzioni a dare vita a modelli vincenti di educazione, che magari non tutti i professori apprezzerebbero, ma che nel tempo potrebbero dare frutti nuovi e magari più gustosi per i discenti):

“La scuola di oggi, invece, uccide l’appetito infliggendo sapori obbligati, formattati, che non producono alcuno stupore; si potrebbe ovviare a questa situazione affermando che il professore, come l’allievo, hanno entrambi la vocazione di diventare buongustai della conoscenza, e che la loro vocazione li deve soddisfare…”

Idriss Aberkane, insegnando alla École Centrale Paris e alla Stanford University, ha realizzato una matrice molto semplice, un modello di management che si ispira a quelli elaborati dalle grandi società di consulenza: la matrice “Love Can Do “(non poteva che essere una matrice 😊)

Matrice “Love Can Do”

Questa matrice consiste in due domande:

  • Ti piace fare il tuo lavoro (Love)?
  • Lo sai fare bene (Can Do)?

Schema Liberate il cervello

Le posizioni sugli assi non sono casuali. “Can Do” (poter fare) lo inserisce sull’asse delle x, dato che l’incognita x viene dall’arabo chay’ che significa «cosa» (che si cerca), fonema che nella successiva deformazione spagnola è trascritto con «x». Love (che in italiano potremmo tradurre con passione) è sull’asse delle y, dato che la lettera «y» in inglese è denominata “why, parola che a sua volta significa «perché». (per un approfondimento del modello vi rimando al libro)

Non credo sia difficile comprendere dove si ponga la nostra scuola oggi. La “scuola dell’obbligo” potrebbe essere rinominata la scuola del partecipante costretto, del partecipante che per imparare deve soffrire. Perché vige la credenza che il carattere si forgi in questo modo.

Ma da quali principi filosofici, psicologici, sociologici è tratta questa conclusione?

Sofferenza = Uomo che apprende

Non esiste uno studio che dimostri questo assunto. Anni di pratica dimostrano che gli alunni si innamorano e riescono nelle materie dove i professori mettono amore. Non perché li hanno fatti soffrire.

Esistono, dall’altro lato, tantissimi studi che ci raccontano il contrario. Se l’uomo non si fosse divertito a cacciare, non sarebbe mai stato in grado di diventare una cacciatore provetto e probabilmente non sarebbe sopravvissuto. La passione forgia le persone e le loro competenze, creando spazi di possibilità (Can do, poter fare). La passione si porta dietro l’impegno, la sofferenza, la tristezza, la gioia. E la persona va avanti di fronte alle difficoltà, alle sconfitte, alle cadute, non perché obbligata, ma perché capisce il valore di ogni sforzo.

La scuola può essere maestra nell’instillare questa nuova cultura. Io vorrei aver vissuto una scuola come questa. Vorrei che quegli insegnanti che mi stanno leggendo in questo momento si uniscano a me e mi aiutino a smuovere le acque. Chiedendo a gran voce di rifondare i modelli didattici. Non basta lo sforzo di un singolo (altro grande insegnamento che troverete nel libro), serve un grandissimo lavoro di squadra.

E insieme possiamo far sì che questo sogno diventi una visione possibile e si trasformi in realtà.

Buon 2018

Conclusioni per un buon inizio

Perché questo augurio

Ho scelto di iniziare l’anno, condividendo questo libro, “Liberate il cervello”, perché auspico un 2018 ricco di cervelli liberi, in continua evoluzione, dove saranno completamente esplose le potenzialità (incredibili) e gestiti in modo produttivo i limiti (esistono anche dei limiti 😊).

“Perché”, come dice Idriss Aberkane, “nel nostro cervello c’è molto più di quanto siamo stati finora in grado di creare, ed è solo partendo dalla sua conoscenza che spalancheremo davanti a noi le porte di un nuovo Rinascimento”.  

Conoscere la «neuroergonomia» del cervello (è l’arte di utilizzare bene il cervello umano) può permettere a noi, papà e mamme, trainer e coach, insegnanti e professori, e alla scuola intera di creare future generazioni di persone cintura nera di sviluppo prossimale.

Il mio sogno

Io sogno di vedere persone felici di vivere la propria vita, per averla disegnata (e interpretata) in modo consapevole (non significa raggiungere tutti i propri sogni, ma saperli trasformare e cambiare, mantenendo viva la fiamma della passione) e aver raggiunto traguardi incredibili.

Mentre mi immagino questo possibile scenario, “vedo” nuovi Steve Jobs, Tesla, Henry Ford, Elon Musk, … nascere e produrre le loro idee in un contesto che li saprà valorizzare e aiutare a crescere, liberando ancor di più i loro talenti o evitando almeno di mettere i bastoni fra le ruote.

Qualcuno potrebbe giustamente obiettare: “Cosa cambia rispetto a prima?”

Di personaggi creativi, innovatori, artisti ne sono sempre nati. Anche oggi all’interno di questa scuola.

Nel mio sogno (e credo anche in quello dell’autore), però, non li vedrò più singolarmente, li osserverò lavorare in team allargati, multidisciplinari e i nobel non verranno più dati ai singoli, ma alle squadre.

Nel nostro piccolo Connectance, magari con una consapevolezza minore rispetto a quella condivisa all’interno di questo libro, sta cercando di proporre approcci educativi in perfetto stile “neuroergonomico”. E devo ammettere che leggendo il libro, mi sono sentito fiero. Spero un giorno di coinvolgere Idriss Aberkane all’interno di un nostro evento per raccontargli quanto le nostre strade siano vicine e di condividere la nostra idea di ACTractive Learning, ossia di apprendimento che attrae, perché piace, appassiona.

Spero tanto che “Liberate il cervello” ci aiuti a trasformare il mio sogno in realtà (mi farebbe piacere leggere i vostri commenti sul libro, scrivetemi!).

Buon 2018!!!! Liberate il vostro cervello e raccontatemi come vi farà stare! 

#Connectance #LearningBySharing

 

4 pensieri su “Liberate il cervello – il mio auguro per il 2018

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