Dimmi come apprendi l’uso di un software e ti dirò chi sei: stili di apprendimento e nuove tecnologie

Dimmi come apprendi l’uso di un software e ti dirò chi sei: stili di apprendimento e nuove tecnologie

Nuove tecnologie e differenze individuali: quale impatto ha l’interazione con le macchine sugli stili cognitivi e sulle strategie di apprendimento?

Nuove tecnologie

Introduzione

Quanto l’uso dei computer e, soprattutto, dei software potrebbe essere facilitato dalla conoscenza degli stili di apprendimento e, in generale, degli stili cognitivi?

Quanto è importante, come facilitatori di apprendimento, utilizzare più tipologie di percorsi?

Come vi può far sentire permettere a chiunque di acquisire in modo semplice e personalizzato le competenze sia tecniche (uso di un software, una procedura, una tecnica specifica per realizzare qualcosa, …) sia trasversali (comunicazione, leadership, coaching, teamworking, …)?

Siamo nel 2018 e ormai le nuove tecnologie sono diventate parte di noi. Il telefonino è una estensione della nostra mano. Le app sono un’estensione dei negozi. Ormai tutto è tecnologico. Anche fare una lavatrice secondo il modello Internet of Things diventerà azionabile a distanza. Ossia, ci permetterà di sfruttare al massimo l’energia solare, grazie alla scelta di attivarla nel momento di maggiore luce.

Non sarà più l’eccezione avere la domotica in casa e le aziende avranno sempre più dati a disposizione per studiare i nostri comportamenti, il nostro rapporto con gli oggetti. E così innovare sempre di più.

Ma quale è la relazione delle persone di oggi con la tecnologia? Quali sono gli impatti di quest’uso massivo? Siamo più preparati? Siamo diventati più abili?

Forse sì o forse no.

Ci sono diversi filmati su internet che raccontano quanto i bambini oggi provino a spostare pagine invece che voltarle, cercano di fare Tap sulle immagini o con il movimento delle dita cercano di ingrandirle.

La futura generazione è pronta per gestire i nuovi mezzi. È nata immersa nelle nuove tecnologie e probabilmente dobbiamo ancora capire quale sarà la loro sfida.

Generazioni

Generazioni a confronto

Oggi, però, esistono ancora le generazioni a metà. Quelli che si pongono tra la generazione Z (nati dopo il 2000) e la generazione dei baby boomers (data di nascita 1946-1964).

La generazione X (di cui faccio parte io che scrivo) e quella Y subito dopo la mia, hanno un rapporto d’amore e odio con la tecnologia. Siamo nati con la televisione e i primi videogiochi e combattiamo con la continua evoluzione dei mezzi a disposizione.

Oggi, non giochiamo quasi più magari, ma continuiamo a “danzare” con le nuove tecnologie sul lavoro. I software cambiano di anno in anno. A volte rivoluzionandosi.

Non sempre è immediato il vantaggio insito nell’arrivo di una nuova tecnologia. Molte volte ci domandiamo perché sia giusto continuare a cambiare metodi, approcci, modalità. Soprattutto quando quella da cui ci stiamo discostando non è poi così inefficace e quella nuova non porta così tanti vantaggi.

Siamo una generazione di mezzo. Il nuovo ci spaventa, il vecchio un po’ ci annoia.

La generazione Z, invece, non vede l’ora di scoprire un nuovo strumento, una nuova app, una nuova tecnologia che semplifichi ulteriormente la vita. O perlomeno parti di essa.

Mentre la generazione dei baby boomers cerca di stare al passo con la generazione Z per capirla. Vogliono creare un dialogo, per curiosità (in alcuni casi abbiamo uno scontro tecnologico nonni vs nipoti).

Il mio punto di vista sulle tecnologie

Ci sono quindi differenze connesse con gli anni di nascita. C’è dell’altro che, all’interno di questi gruppi, possa evidenziare ulteriori differenze di approccio alla gestione delle novità?

Per provare a rispondere a questo quesito, voglio condividere alcuni assunti che potrebbero far comprendere meglio il mio punto di vista:

  • Le nuove tecnologie portano dei vantaggi da godere e svantaggi da gestire;
  • I vantaggi sono, di solito, lo scopo dell’evoluzione tecnologica, ma non sempre ciò è vero, perché alcune scoperte sono state fatte in modo totalmente casuale.
  • Gli svantaggi possono non essere pianificabili e prevedibili, per cui è difficile tenerne conto prima dell’introduzione dell’innovazione.
  • L’arrivo di nuove tecnologie è inevitabile, perché l’uomo da quando è stato creato ha cercato di evolvere attraverso lo sviluppo di nuovi strumenti.
  • Le nuove tecnologie hanno portato sia allo sviluppo sia alla riduzione di posti di lavoro.

Queste considerazioni, che io considero vere, mi fanno sentire ancora più responsabile verso le generazioni che oggi fanno fatica a dialogare con questo continuo cambiamento.

Per questa ragione, credo sia importante attrezzarsi per gestire i singoli cambiamenti quando avvengono. Ma non solo. Serve anche trasferire una metodologia che velocizzi l’acquisizione di queste competenze al cambiamentoall’educazione, anzi all’autoeducazione.

Nuove tecnologie e stili individuali di apprendimento

A questo punto, vediamo di capire in generale come avvenga la conoscenza delle nuove tecnologie e se questo percorso di apprendimento possa essere in qualche modo facilitato.

Ad un’occhiata superficiale, una serie di persone che stanno cercando di capire un nuovo software e si trovano pertanto davanti a un computer sembrano comportarsi allo stesso modo – quasi che l’impersonalità della macchina si estenda anche all’utente. Ma è proprio così?

Per rispondere a questa domanda, come spesso capita nella nostra professione di facilitatori, non possiamo che metterci ad osservare e ad ascoltare, cioè a raccogliere informazioni su ciò che le persone fanno e su ciò che dicono prima, durante e dopo lo svolgimento di un compito.

Magari, in futuro avremo a disposizione dati sul funzionamento del cervello, le aree che attivano, le connessioni che si formano. Lo scopriremo proprio grazie alle nuove tecnologie che si sono sviluppate nelle aree del neuro marketing e del neuroselling (Eye tracker, Risonanze magnetico funzionale, …) .  

Auto-apprendere e auto-ascoltarsi per velocizzare l’apprendimento

Per capire meglio cosa significhi apprendere, possiamo anche partire da noi stessi, da un’auto-osservazione e un auto-ascolto.

Quando avete provato a utilizzare una nuova app, un nuovo programma, ad esempio la nuova versione di Word, Excel o Powerpoint, come vi siete comportati?

  • Avete fatto da soli?
  • Vi siete fatti aiutare da qualcuno?
  • Avete preso una di quelle guide passo passo?
  • Avete letto la tutto lo scibile sull’argomento?

Il risultato dell’utilizzo dell’una o dell’altra modalità può portare ad un’esecuzione positiva o negativa del compito, ossia riesco facilmente ad acquisire le informazioni necessarie oppure mi trovo più confuso di prima.

Tutta questione di scelta

Ai fini di questa nostra analisi, in questo specifico caso, sarebbe utile sapere la scelta che compie la persona e quale feedback riceva dalla scelta fatta.

Ogni scelta infatti è indicativa di preferenze comportamentali diverse rispetto al modo di elaborare le informazioni.

Chi sceglie di osservare altri esempi, o comunque di continuare a sperimentare basandosi sulla propria esperienza personale, sembrerebbe, infatti, più orientato verso un approccioinduttivo“: raccolgo dati e verifico le mie ipotesi, cioè inferisco la regola dalle situazioni che affronto.

Coloro che invece scelgono le guide passo passo, potrebbero avere un approcciodeduttivo” (costruisco il sistema esaminando la regola generale ed applicandola poi ai casi concreti).

Gli studi sull’apprendimento, per fortuna, ci vengono in aiuto. Alcune delle caratteristiche, proprie di qualunque tipologia di apprendimento, si adattano anche all’interazione con le nuove tecnologie.

Ho bisogno adesso di fare riferimento ad una delle tante possibili descrizioni degli “stili di apprendimento”.

Kolb in sintesi

Questi stili sono basati sulle preferenze individuali nei modi di elaborare le informazioni che ciascuna persona acquisisce nell’arco della vita. In questo caso ho scelto un modello proposto da David Kolb (1984, “Experiential Learning”), perché utilizza variabili molto utili in una discussione sulle tecnologie.

Kolb e nuove tecnologie

Abbiamo, come si può vedere dall’immagine, due binomi opposti:

  • Esperienza Concreta, strategia casuale vs Concettualizzazione Astratta,  strategia sequenziale
  • Ascolto e riflessione vs Affermazione e azione)

Questo incrocio produce quattro possibili alternative, quattro “stili” di elaborazione delle informazioni, e dunque una definizione di quattro diversi modi di imparare.

Un caso reale: sviluppare un business plan

Apprendimento casuale o sequenziale

Chi tende ad avere forte l’orientamento all’esperienza concreta utilizza una strategia di apprendimento casuale. Ossia cerca in modo casuale di sfruttare l’intuizione che deriva dalla propria esperienza passata. Per fare un esempio concreto, immaginiamo di voler sviluppare un business plan per un progetto in azienda.

Una persona con le caratteristiche sopra descritte potrebbe prendere una vecchia presentazione, esperienza concreta, salvarla con un nome diverso. A quel punto, potrebbe procedere velocemente, facendo modifiche per renderla coerente con l’obiettivo che ha in testa, frutto di intuizioni veloci e casuali che rispondono all’esigenza specifica del momento.

Invece, coloro che privilegiano la concettualizzazione astratta, sono orientati alle strategie sequenziali e potrebbero preferire prendere una struttura classica di business plan vuota e cercare di compilarla passo passo.

Apprendimento in ascolto o in azione

Passiamo ad analizzare l’asse ascolto vs azione. Possiamo facilmente intuire che coloro che hanno una prevalenza verso l’azione, il fare, tendono a voler quanto prima provare. Spesso scrivono di getto, riempiono il foglio bianco o modificano quanto trovato già scritto all’interno di una precedente presentazione.

Dal lato opposto, prevalenza verso l’ascolto, abbiamo invece tutte quelle persone che preferiscono investire del tempo nell’analisi, nell’approfondimento. Solo dopo aver raccolto un po’ di informazioni e aver elaborato mentalmente una strategia, queste persone si sentono confidenti nel provare.

Apprendere un programma informatico

Ora, proviamo ad applicare quanto definito dagli studi di Kolb alla situazione in cui dobbiamo imparare un nuovo programma informatico, una nuova app. Supponiamo di avere a disposizione diversi supporti di apprendimento:

  1. Il manuale dell’utente, un volume cartaceo  o anche virtuale;
  2. Una guida in linea incorporata nel programma he fornisce informazioni su aspetti e problemi specifici: per esempio tramite un sommario oppure tramite un indice analitico, o infine tramite un “assistente” virtuale al quale possiamo rivolgere domande specifiche;
  3. Dei filmati che mostrano le funzionalità di base;
  4. Una serie di esercitazioni programmate, inglobate nello stesso programma, in cui veniamo guidati passo dopo passo a capire come funziona il programma, tramite spiegazioni, esempi e simulazioni;
  5. supponiamo inoltre di avere anche a disposizione una persona già esperta, che ci può dare una dimostrazione concreta di come funziona il programma.
  6. Infine, abbiamo anche la possibilità di fare subito pratica da soli con il programma.

Come si comporterebbe ognuno di noi in questa situazione?
Software

4 amici davanti a un software

Non sappiamo a questo punto se sia la miglior cosa, ma proviamo a sperimentarlo insieme. Per approfondire il modello, vi descrivo quattro persone potrebbero affrontare il compito di imparare a utilizzare un software. Chiameremo questi interlocutori Carla, Roberto, Assunta e Alessandro.

Roberto

Roberto comincia con le esercitazioni programmate, usa anche la guida in linea ogni volta che incontra un problema, e solo dopo passa alla pratica indipendente.

È evidente che Roberto è da una parte una persona d’azione, che ha bisogno di mettersi subito a confrontarsi con i problemi. D’altro canto, è anche una persona che ha bisogno di una struttura chiara entro cui muoversi. Preferisce una sequenza ordinata in cui l’informazione viene costruita passo dopo passo.

Il manuale gli sembra troppo teorico ed astratto, la dimostrazione da parte della persona esperta, pur essendo fatta di azioni pratiche, non gli fornisce il necessario ordine logico e cronologico.

La pratica indipendente non lo attira subito proprio perché troppo casuale e asistematica. Roberto tende insomma ad essere una persona convergente, capace cioè di abbinare una strategia sequenziale, deduttiva, teorica ad un approccio orientato all’azione.

Carla

Carla, al contrario, si butta subito a provare in autonomia. Non riescono a incuriosirla né il manuale, né la dimostrazione, né le esercitazioni programmate. Tutte forme di apprendimento che le sembrano poco attraenti.

Ha bisogno di costruirsi da sé la struttura dell’informazione, non ha la necessità di utilizzare esperienze e conoscenze masticate o pre-digerite da altri, anzi le evita accuratamente, se può.

Procede dunque in modo casuale, anche se questo non significa caotico. Si costruisce da sola il proprio percorso. Allo stesso tempo, essendo una persona orientata all’azione, consulta rapidamente la guida in linea ogni volta che non riesce a districarsi da un problema.

Carla tende dunque ad avere, come Roberto, un approccio orientato all’azione, ma abbinato a una strategia casuale, induttivo, frutto della sua esperienza personale. Il suo profilo è Adattivo.

Alessandro

Alessandro preferisce affidarsi, all’inizio, a una dimostrazione fornita da un esperto. Solo successivamente, si sente confidente nel passare all’azione.

Seguendo la sua modalità preferenziale, Alessandro comincia con l’osservare altri, si costruisce un’idea, non immediatamente personale e concreta, ma basata sull’osservazione di un procedimento tipico, che altri hanno già provato prima di lui.

Alessandro si fa un’idea di ciò che deve fare, grazie al processo di immedesimazione. Ha vissuto mentalmente l’azione fatta dall’altro come fosse sua (esperienza vicaria). Così, Alessandro sente di poter passare alla pratica.

Non lo attirano le esercitazioni programmate, perché, essendo molto strutturate, le sente rigide, mentre tende a consultare il manuale quando necessario e in modo non lineare. Alessandro ha in comune con Carla la strategia casuale. Si differenzia per la maggiore capacità di ascolto e di riflessione. Il suo profilo per queste caratteristiche è quello Divergente.

Assunta

Assunta, infine, sembra preferire un approccio ordinato e sistematico. Apprezza l’uso del manuale, anche come punto di partenza, perché ha bisogno di una struttura chiara e organizzata. Il sistema passo dopo passo gli permette di costruirsi gradualmente un’idea precisa del programma.

Anche le esercitazioni programmate, ovviamente, la attirano, proprio per lo stesso motivo. Accetta, invece, con una certa fatica la dimostrazione da parte di un altro, perché spesso le dimostrazioni seguono percorsi logici e cognitivi diversi dai propri.

Quando si sente in grado di controllare la struttura, Assunta passa alla pratica personale. Usa la guida in linea, i filmati messi a disposizione dall’azienda. Non si scorda mai il manuale, dove sa di poter trovare non solo le risposte che le servono in un certo momento, ma anche il contesto generale entro cui quelle risposte vanno inserite.

Le interessa non solo il “come” ma anche il “perché” delle cose che fa. Assunta condivide con Alessandro la fase di raccolta informazioni, osservazione, ascolto prima di agire. Si differenzia invece per l’uso della strategia sequenziale. Il suo profilo è quello Assimilativo.

Alessandro, Carla, Assunta e Roberto ci hanno dimostrato che l’uso delle nuove tecnologie non è neutro o indifferenziato, ma va riferito alle caratteristiche individuali delle persone. A ognuno il suo.

Mentre leggevate le descrizioni, avete trovato identificarvi nelle quattro descrizioni? Quale vi ha colpito di più perché particolarmente vicina al vostro modo di apprendere?

Una verifica: apprendere nel mondo del World Wide Web

Uno dei settori dove può essere più facile osservare e percepire le diverse caratteristiche delle persone è il mondo di internet.

Quale dimensione delle 4 presentate all’interno del modello di kolb viene sollecitata dagli hyperlink?

La capacità di fare collegamenti ha cambiato il modo di leggere le informazioni. Prima il processo di lettura era lineare, sequenziale. Dopo aver finito un manuale, si andava a ripercorrerlo per tappe e si creavano dei collegamenti tematici.

Il mio professore di filosofia (grazie ancora Enzo per ciò che mi hai insegnato) chiamava queste connessioni CFR. Servivano a connettere alcune frasi ad altre argomentazioni che avevano delle affinità particolari. Di Nel tempo mi sono reso conto della loro utilità per memorizzare le informazioni chiave e ampliare la visione sistemica.

Oggi, leggere è diventato un processo più complesso (anche se per qualcuno è più piacevole). Siamo ormai abituati a leggere davanti al computer, all’ipad o sullo schermo del cellulare.

Dalla pagina principale della testata giornalistica che stavamo leggendo, siamo passati a un articolo, tramite un semplice link. Tutto avviene con un clic o con un tap (la selezione con il dito su ipad). Tutto è veloce, immediato. Non serve nemmeno più riflettere.

Conseguenze?

I temi possono essere così percorsi in modo laterale, incrociato, a ritroso… e chi più ne ha, più ne metta. Non esiste più un criterio di lettura corretto e prescritto. È possibile andare non solo da una sezione del testo all’altra, ma anche saltare da un testo all’altro.

A causa di questa modalità, è sempre più difficile ricordare dove abbiamo ritrovato una certa informazione e il rischio potenziale è che la meta lettura non sia sempre coerente. Siamo passati dallo zapping televisivo allo zapping testuale.

Per cui le conclusioni che potremmo derivarne possono essere molto creative e innovative, ma devono essere verificate prima di giungere a una conclusione definitiva.

Un dubbio che mi è venuto in questi mesi riguarda la diffusione delle bufale in rete. Chissà che questa nostra nuova modalità di lettura ci faccia diventare ancora più incapaci di verificare l’attendibilità delle fonti e delle conclusioni a cui arriviamo.

Questa libertà è sicuramente comoda per coloro che hanno la strategia casuale come mezzo prevalente di raccolta informazioni. Mentre è molto difficile da sopportare per coloro che hanno una forte predisposizione per una lettura organizzata e sequenziale.

A questo punto, può essere utile domandarsi, ma noi che modalità preferiamo? Come leggiamo i testi nell’era degli Hyperlink?

Conclusione: quali di queste preferenze allenare per sopravvivere in un mondo aziendale in continua evoluzione?

Come potete immaginare, non esiste un modello vincente in assoluto. Ogni profilo, ogni preferenza è utile in determinati contesti e meno efficace in altri. Lo stesso David Kolb sostiene che in ogni persona può emergere ciascuna delle quattro dimensioni.

Assunta, ad esempio, è prevalentemente assimilativa, ossia caratterizzata dall’unione tra strategia sequenziale e riflessione mentale. Alle volte, può tirar fuori un lato diametralmente opposto per attingere a risorse utili in un certo particolare frangente, come quello della ricerca sul web.

Carla, suo opposto invece può essere capace di attingere dal proprio lato sequenziale per gestire una particolare analisi critica che necessita di una struttura molto organizzata.

La flessibilità comportamentale è la caratteristica umana e, in generale, dei sistemi complessi, quali gli organismi viventi, che ha permesso l’evoluzione di tutte le culture e la creazione di tutte le innovazioni che nei secoli sono state generate.

La bravura dei facilitatori che vogliono sfruttarne le potenzialità è insita nella loro capacità di sviluppare percorsi di apprendimento che valorizzino le risorse individuali, abilitando in ciascuno l’uso di quelle meno utilizzate.

L’esercizio e la pratica, come in tutte le attività, fanno miracoli e possono rendere i nostri muscoli dell’apprendimento più tonici. Bisogna solo trovare il giusto mix per noi. Un approccio integrato che valorizzi il nostro modo di operare e ci porti ad assaporare anche modalità alternative rispetto alle nostre abituali.

Il ruolo del facilitatore di apprendimento secondo me

Per queste ragioni, le persone che vogliano diventare facilitatori esperienziali anche in ambito tecnico debbono dotarsi di tutti gli strumenti sopra descritti:

  • Un manuale completo in versione digitale e cartacea
  • Una serie di esercitazioni programmate e strutturate
  • Filmati e guida in linea
  • Predisporre spazi per l’apprendimento individuale

Secondo David Kolb, la miglior strategia di apprendimento è frutto di un continuo ciclo evolutivo che integra ognuno di questi strumenti.

La finalità è aumentare la probabilità di acquisizione della tecnica e di allenare le differenti modalità di apprendimento di ciascuno di noi.

Una meta-formazione che ci permetterà di diventare sempre più capaci di rispondere in modo utile e funzionale all’interno di tutte le situazioni che di giorno in giorno affronteremo.

Riferimenti bibliografici

Articoli e libri

Ayersman D.J., Reed W.M. “The Effects of Learning Styles, Programming and Gender on Computer Anxiety”. Journal of Research on Computing in Education, 28 (2), 1995-96.

Brickell G. “Navigation and Learning Style”.Australian Journal of Educational Technology, 9(2), 1993.

Chapelle C. A. “Validity Issues in Computer-Assisted Strategy Assessment for Language Learners”. Applied Language Learning, Vol. 7, Nos. 1 & 2, 1996.

De Luca Fabio “Come l’acqua”. CdG 2014

Eisenberg M.B., Johnson D. “Computer Skills for Information Problem-Solving: Learning and Teaching Technology in Context”. EDO-IR, 96-04, 1996.

Gordon J. “Tracks for Learning: Metacognition and Learning Technologies”. Australian Journal of Educational Technology, 12(1), 1996.

Hewer S. “Language Learning Strategies, Software Design and Internet Use”. Research Forum “Strategies in Language Learning”. London: CILT, 1997.

Kolb David, “Experiential Learning”

Kosakowski J. The Benefits of Information Technology. ERIC Digest EDO-IR-98-04, 1998.

Leaver B.L. Teaching the Whole Class. Thousand Oaks: Corwin Press, 1997.

Lumb J. Thinking Styles and Accessing Information on the World Wide Web. Bangor: University College of North Wales, 1994.

Moro B. “A Pedagogy of the Hypermedia”. In Korsvold A.K., Rueschoff B. (eds.) New Technologies in Language Learning and Teaching. Strasbourg: Council of Europe Publishing, 1997.

Pool C.R. “A New Digital Literacy: A Conversation with Paul Gilster”. Educational Leadership, Vol. 55, No. 3, 1997.

Raschio, R.A. “The role of cognitive style in improving computer-assisted language learning”. Hispania, 73, 1990.

Rézeau J. “The Learner, the Teacher and the Machine: Golden Triangle or Bermuda Triangle?” Eurocall 1997. Dublin: City University, 1997.

 

Wilkinson S., Crerar A., Falchikov, N. “Book versus Hypertext: Exploring the Association between Usability and Cognitive Style”. The Student Experience in the 1990s Conference. Craighouse: Napier University, 1996.

Wilkinson S., Crerar A., Falchikov N. “Media, Individual Differences and the Learning Process”. Poster presented at the Human-Computer Interaction ’97 Conference. Bristol, 1997.

Williams M.D. “A Comprehensive Review of Learner-Control: The Role of Learner Characteristics”. Proceedings of Selected Research and Development Presentations at the Convention of the Association for Educational Communications and Technology, 1993.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *