Cuore Business – Al cuore del business o business col cuore?

Sapete quante identità ci portiamo in giro?

Siamo tutti un po’ schizofrenici o siamo tutti normali nelle nostre diverse identità?

Quante identità entrano nel nostro posto di lavoro?

Introduzione

Oggi vorrei parlarvi di un libro che ci introduce al mondo della D&E&I, Diversity, Equity, Inclusion. Riccarda Zezza lo fa in modo molto coinvolgente, integrando, dati, domande, temi core o come sostiene Riccarda temi cuore, ossia temi che riguardano le emozioni e il loro ruolo nella vita lavorativa e personale delle persone. 

Chi è, quindi, Riccarda Zezza?

Nata a Napoli, due figli, gioca a pallavolo, manager in grandi aziende per anni, nella sua seconda età adulta, fondatrice di Lifeed, un’azienda che dimostra alle organizzazioni che l’umanità conviene (anche al business). Premiata da Fortune Italia come “Most Influential and Innovative Woman”, imprenditrici che stanno modificando l’innovazione di genere nel mondo secondo Ashoka e Citi Foundation.

Autrice, insieme ad Andrea Vitullo, del libro MAAM – La maternità è un master (Rizzoli, 2014). Scrittrice all’interno del blog Alley Oop del Sole 24 Ore. Dopo una carriera da manager e una da imprenditrice, oggi è una vera e propria attivista.

Dalla sua descrizione, diviene subito chiaro il perché abbia scritto un libro come questo. Infatti, le domande da cui parte tutto sono:

  • Possiamo “riumanizzare” il lavoro e trovare motivi per rimetterci il cuore, possiamo addirittura amare quel che facciamo?
  • Possiamo riscoprire la passione per il lavoro in un modo che valorizza il nostro io e non compromette, ma anzi amplifica, il nostro benessere spirituale e fisico?

Si pone questi due interrogativi, perché i dati dimostrano che staremmo e faremmo molto meglio se riuscissimo a metterci anche il cuore nel lavoro. Bello no? Sicuramente. Facile da realizzarsi? Meno.

Noi ci portiamo in giro diversi identità, sembra siano almeno cinque (mamma o papà, manager, amico o amica, collaboratore, collega, cliente, sportivo, tennista, pallavolista, sommelier, …). Il lavoro è un contesto che può attivarne più di una. Per quanto alcuni dicano che non si possono avere amici al lavoro, molte relazioni nascono proprio sul posto di lavoro.

Nascono amori, formandosi coppie, nascono amicizie personali e familiari. Magari non sono eterne, ma lo stare insieme, attiva ossitocina, l’ormone dell’amore e dell’amicizia, insomma l’ormone dei legami e per quanto vogliamo nasconderlo noi siamo fatti di emozioni e ragione e siamo esseri chimici come tutti gli esseri viventi.

Cosa ci dice il libro

Il libro si dimostra un potente manifesto per ridefinire le dinamiche nei posti di lavoro e le carriere e allinearli alle aspettative moderne: una lettura molto profonda che alterna un approccio scientifico ricco di studi a suggerimenti pratici, basati sui dati.

È quel che serve a chi gestisce persone nelle organizzazioni e vuole tirar fuori i loro talenti, ossia ciò che sanno fare bene e che fa battere loro il cuore.

L’uscita di questo libro è tempestiva e potrebbe essere destinato a diventare ancora più importante a seconda dei cambiamenti che subirà il mondo del lavoro grazie anche all’arrivo delle nuove tecnologie e alla new normality post covid che sembra sempre di più un vero e proprio ritorno al passato.

Per queste ragioni, Tomas Chamorro-Premuzic  scrive nella prefazione «Una lettura essenziale per chiunque sia interessato a trasformare il lavoro, a creare le condizioni per far prosperare le persone e a liberare i loro talenti e il loro potenziale».

La struttura del libro è semplice. Parte da un capitolo legato ai principali Stereotipi – Chi siamo e perché non ci siamo, dove si comprende la forza dei bias contro cui dobbiamo combattere. Cito per semplicità solo alcuni elementi che mi hanno colpito:

  • le diverse identità che portiamo al lavoro e il loro ruolo nel farci vivere nel benessere,
  • la difficoltà di integrare nel mondo del lavoro ufficialmente alcune esperienze personali che nella realtà, invece, possono essere invece abilitanti
  • l’importanza di muovere le opinioni e i comportamenti dei bystanders nel portare avanti il cambiamento

Il libro prosegue dando un approfondimento al ruolo delle emozioni, Emozioni – Come stiamo e perché non ci diamo. Qui, mi trovo facilmente d’accordo, ovviamente. Sembra che chi riesce a sentirsi libero di portare la parte umana al lavoro sente meno la fatica, sente maggiore l’appartenenza e così raggiunge migliori risultati. Perché ciò non avviene?

Perché non siamo ancora abituati a parlare di questa parte di noi in un mondo che sembra debba essere grigio e freddo. Eppure, ormai, anche le analisi organizzative confermano quanto sia importante per le persone vivere le relazioni e condividere emozioni. Infatti, per quanto il lavoro a distanza sia stato un vantaggio per le famiglie, oggi molti dipendenti vogliono tornare a vivere anche momenti di aggregazione fisici.

Il terzo capitolo ci porta, invece, a discutere il ruolo delle donne nel mondo del lavoro, Donne – A cosa servono e perché non si fanno avanti. Non si discute solo ciò che finora hanno portato da quando hanno iniziato a popolare le nostre organizzazioni, ma anche quel che potrebbero portare se fossero considerate per il loro ruolo di portatrici sane di diversità.

Per questa ragione, Riccarda Zezza vuole proprio che le donne non si omologhino alle modalità manageriali maschili e immettano nel mondo del lavoro la loro diversità, la loro capacità di dare attenzione, ascolto, empatia.

Nell’ultimo capitolo, invece, Leader – Che senso danno e perché non bastano, si chiude la discussione riflettendo sul ruolo che i leader possono avere su questa grande trasformazione. Non a caso comincia con il discorso fatto da Joe Biden, quando era vicepresidente degli Stati Uniti.

Nel 2014, mandò, infatti, questo memo al suo staff:

«Al mio meraviglioso staff, vorrei dedicare un momento a chiarire qualcosa per tutti. Non mi aspetto né voglio che qualcuno di voi sacrifichi o perda importanti obblighi familiari a causa del lavoro. Gli “obblighi familiari” includono, ma non sono limitati a, compleanni, anniversari, matrimoni, cerimonie religiose di qualsiasi tipo, lauree e momenti di bisogno come una malattia o una perdita in famiglia. In pratica, mi spingerò a dire che se scopro che nel lavorare con me mancate a importanti responsabilità familiari, ne sarò molto deluso. Questa è stata una regola non scritta sin dai miei giorni al Senato. Grazie a tutti per il duro lavoro».

Ecco un leader che crea le condizioni per un lavoro che genera appartenenza. La gentilezza e la cura pagano anche nelle relazioni professionali. A dare l’esempio per primi devono essere i capi, o meglio i responsabili: la capacità di compassione nelle aziende porta a una maggiore collaborazione e fiducia, a maggiore capacità sociale e a una maggiore percezione del proprio valore da parte dei dipendenti.

Per quanto se ne parli tanto, oggi, un sondaggio Gallup ci dice che solo il 45% dei dipendenti ha la percezione che alla propria azienda importi come stanno. In più, secondo una ricerca Ranstad, i dati confermano che un capo “tossico” è la principale ragione di dimissioni per il 60% dei lavoratori.

Cosa ci portiamo a casa dal libro?

Da questo libro, mi porto a casa diverse informazioni utili. Riccarda Zezza conferma con il suo libro che le aziende devono comprendere quante identità ci portiamo al lavoro e quanto sia utile far sì che tutte in un modo o nell’altro possano sentirsi accolte e valorizzate. Tutte, infatti, possono dare contribuiti attivi alle performance lavorative, favorendo risultati incredibili. E questo vale per donne e uomini.

Un secondo aspetto che mi è piaciuto molto leggere è legato al valore che la diversità (Donna ma non solo) può generare. La diversità se incentivata e valorizzata produce anch’essa tantissimi vantaggi per le organizzazioni. L’omologazione può magari facilitare l’efficienza, ma la diversità genera salti evolutivi. Il fattore D, di Donna e di Diversità, può fare davvero la differenza.

Un altro aspetto che mi ha colpito è quanto siamo ancora lontani dall’integrare le emozioni nel mondo lavorativo. Gli studi e le ricerche sono già pronti a dimostrare quanto siano importanti, mentre le aziende cercano ancora di non considerarle. Sembra che ancora ci sia paura nel tenerle in considerazione.

Infine, trovo molto utile che si confermi il ruolo del leader come chiave per il vero cambiamento. Non parlo solo dei leader come ruolo, perché le organizzazioni sono fatte di persone che possono scegliere di essere leader di questo cambiamento con la loro coerenza comportamentale.

Tutti possono esercitare con l’esempio la propria leadership gentile per promuovere il valore di integrazione delle diversità e generando nel proprio perimetro un luogo che le valorizzi.

Spero che questo libro possa illuminare e dare colore alle nostre organizzazioni, rendendole luoghi sicuri in cui ogni persona con le sue diverse identità, emozioni e bisogni possa sentirsi protagonista e responsabile. Io ci credo nel Cuore business e non vedo l’ora di essere testimone dei tantissimi cambiamenti che potranno avvenire.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *