Come fare perché ti succedano cose belle e tanto altro per un 2020 extra-ordinario

Come fare perché ti succedano cose belle e tanto altro per un 2020 extra-ordinario

Come fare perché ti succedano cose belle

La felicità esiste? È uno stato che dipende da ciò che ci accade o dalla sua interpretazione?

Si può far accadere qualcosa di bello? Se sì come?

Ci si può allenare per far diventare la felicità parte del nostro modo di vivere?

Introduzione

“La felicità non si definisce, «si sperimenta». Per conoscerla bisogna averla provata e, anche una volta provata, non si trovano le parole per descriverla. Nonostante questo, cercheremo ugualmente di avvicinarla, provando da diverse angolazioni.” Così inizia il primo capitolo del libro di Marian Rojas Estapé.

Se penso alla felicità, mi vengono in mente i bambini. In particolare, il mio. Pietro. L’altro giorno voleva assolutamente che gli comprassi un computer. All’inizio, ero convinto che stesse scherzando, per cui gli ho sorriso e l’ho accarezzato in testa.

Pietro, quasi indispettito, mi ha rincorso e ha insistito dicendo che voleva proprio un computer per sé. Stavo quasi per arrabbiarmi, lo trovavo un bel capriccio e volevo trovare un modo chiudere l’argomento velocemente.

Poi, mentre stavo trovando un modo per fargli capire che non era una richiesta legittima, mi è partita inavvertitamente una domanda: “Scusa, amore di papà, che ci devi fare con sto benedetto computer?”.

Ovviamente, mi è uscita più per prendere tempo che per ottenere una risposta sensata e … Plausibile.

Invece … Ecco mio figlio che mi risponde pieno di gioia: “Papà, voglio capire che cosa fai con il computer, visto che ci passi tantissimo tempo quando lavori!”.

Sono scoppiato a ridere per la mia cecità emotiva e poi l’ho abbracciato con forza per la dolcezza con cui aveva proferito quelle parole.

Fortuna ha voluto che avessi un vecchio pc riposto nel ripostiglio. Poteva essere perfetto per lui. Pertanto siamo andati insieme a recuperarlo per vedere se funzionasse ancora.

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La gioia di scoprire cose nuove

Pietro era a dir poco gioioso. E io con lui. Me la stavo cavando con una soluzione a basso costo e, forse ad altissimo risultato. Dopo 1 anno di completa pensione, però, non ero certo che il vecchio HP fosse in grado di risorgere come l’araba Fenice. 😊

Mentre aprivamo la sacca dentro il quale era custodito e toglievamo tutti i componenti, il mio occhio cade sul viso di Pietro. Un sorriso contagioso e gli occhi sgranati pieni di stupore e curiosità. A tutto ciò, si aggiungeva il fatto che “zompettava” qua e là intorno a me per passarmi ogni oggetto utile alla causa.

La dea bendata mi ha sostenuto e l’HP si è acceso senza troppi intoppi. L’ho attaccato alla rete wifi di casa e ho sistemato le impostazioni di base per permettere un uso semplice dei principali programmi che voleva vedere in azione: Word, Excel, Power Point.

Primi passi nella vita di papà

Finita questa fase, ho dato a Pietro la possibilità di sperimentare un po’ di scrittura con la tastiera e l’uso del mouse. Ha scritto quattro o cinque parole su Word, poi ha provato a giocare con le celle di Excel. Ha scritto “Grazie papà per avermi insegnato quel che fai” e l’ha copiata qua e là ridacchiando.

Infine, ha scoperto Power Point. Qui, come immaginavo, si è divertito di più. Ha inserito un po’ di forme qua e là, ha cambiato loro la dimensione, il colore. Ha aggiunto qualche scritta. Poi, mentre stava completando un altro testo di ringraziamento indirizzato al suo papà, mi ha chiesto:

“Come fai a parlare con tutti quei colleghi col computer?”

“Con Hangout ovviamente”. Sarebbe stata la risposta più semplice per un adulto, ma come spiegarla a un bambino di 7 anni? L’unica risposta che mi è venuta è stata: facendogliela provare 😊

La prima call conference non si scorda mai

Così, ho aperto una mail finta di Gmail e ho fatto l’accesso dal suo pc. Ho connesso i due account e gli ho detto di fare un clic il tasto sinistro del mouse sull’icona “telecamera”.

Io stavo da una parte del tavolo e lui dall’altra. Entrambi facevamo finta di non essere nella stessa stanza. Pietro era partito per un viaggio e mi stava chiamando dal luogo remoto dove si trovava per lavoro. Non appena è apparsa la sua immagine sullo schermo del mio pc, ho visto per il volto della felicità.

Sicuramente, mista allo stupore di aver completato un’attività da grandi, di quelle che papà fa quasi tutti i giorni per dialogare con colleghi che si trovano sparsi per l’Italia.

I miei neuroni specchio, ossia quella parte dei neuroni che si attivano al solo vedere ciò che prova l’altro, sono andati in Tilt. Mi sono sentito proiettato direttamente sull’isola che non c’è. Un ritorno al bambino che c’era in me tanti anni fa e che c’è ancora oggi, anche se a volte, me lo scordo.

Abbiamo scherzato un po’, ci siamo fatti le facce, abbiamo chiacchierato, urlato. Poi, a un certo punto, Pietro si è alzato dalla sedia ed è venuto da me. Mi ha abbracciato e mi ha detto. “Grazie papo, per avermi insegnato quel che fai”.

Mi sono sciolto del tutto in quell’abbraccio e ho capito che si può essere davvero felici, non fermandosi alla superfice. All’apparenza delle cose che accadono.

Ingredienti

L’insight nelle piccole cose come diceva mia nonna (Lilla).

Marion Rojas Estapé nel suo libro esprime già dal primo capitolo un principio che ho fatto mio anni fa: “La felicità è intimamente connessa con il senso che diamo alla vita e all’esistenza.” Sono le nostre interpretazioni a dare un senso alle cose e non il contrario.

Magari non sappiamo cosa sia la semiotica (‘scienza generale dei segni’ comprendente le tre branche pragmatica, semantica, sintattica che ci servono per comunicare e interagire tra esseri viventi), ma continuiamo a produrre significati, percependo gli eventi che ci accadono.

Peccato che questa produzione non si fermi al pensiero e alle immagini mentali. Ossia, non rimangono nella nostra mente senza avere conseguenze in noi. Questa produzione innesca stati mentali, emozioni capaci di far secernere al corpo un incredibile numero di neurotrasmettitori.

Prova a pensare di essere in ritardo per un appuntamento fondamentale (per me è facile, perché ho una versione del tempo ottimista che non riesco a smontare nemmeno a Roma dove gli intoppi ai programmi sono dietro ogni angolo 😊) e … Il tuo sistema endocrino preparerà una bella dose di Cortisolo e Adrenalina.

Ricordati l’ultima volta che stavi aspettando qualcuno di importante. Senza volerlo ti sei inebriato di Dopamina e Serotonina. Sostanze che generano buon umore e piacere.

Tutto ciò vale sia quando ripensiamo agli eventi già accaduti, sia quando ci immaginiamo cose che potrebbero accadere. Quando riviviamo cose accadute possiamo facilmente intuire che ci porteremo dietro la chimica connessa, ancorata agli eventi richiamati.

Ma quando immaginiamo qualcosa che non è accaduto ancora, cosa ci portiamo dietro? Che schicchera chimica possiamo pensare di portarci dietro?

Meglio pensare bene o pensar male?

Forse non esiste un meglio o un peggio. Sono due meccanismi che hanno due principi attivi completamente opposti. Sicuramente, pensar male può essere utile per attivare Cortisolo e Adrenalina, grazie all’azione difensiva del cervello. La capacità attentiva ne viene rinvigorita. Consumiamo zucchero e ci stanchiamo.

Pensar bene, o positivo, può, invece, generare dopamina, ossitocina, serotonina, endorfine e predisporre al piacere di fare le cose. Aumentando il nostro senso di benessere. Quando pensiamo a qualcosa che ci appassiona, si attivano gli stessi fenomeni. Da un punto di vista interno, l’effetto che proviamo è rigenerante.

Problema di scelte

Il problema è che queste scelte non avvengono in superfice. O almeno non sempre. Si tratta di un meccanismo un po’ subdolo. Ossia avviene sotto il nostro livello di coscienza e determina la nostra interpretazione in modo tendenzialmente autonomo.

Nella maggior parte dei casi, sembra prevalga il “pensar male”. Se fossimo psicologi, probabilmente potremmo parlare di “Negativity Bias”. Il sistema rettiliano, responsabile delle risposte più istintuali e difensive, lotta, fuga e paralisi momentanea, tende a volerci proteggere da qualunque possibile pericolo.

Pensar male è, di per sé, un modo per proteggersi. Alimenta lo stato di allerta. È per questa ragione che il Cortisolo e l’Adrenalina compaiono. Per renderci più attivi e pronti. Il problema è la quantità di tempo che passiamo in questo stato. Sentirsi in continuazione sotto attacco, può risultare negativo. Ci stanca.

Attivando il sistema di allerta e protezione quando non serve, rischiamo di non avere le risorse quando può essere invece necessario averne.

Un po’ più faticoso è allenarsi a pensare bene (salvo che non sia un atteggiamento mentale). Bisogna, d’altro canto, ricordare che “pensar bene” non è sempre utile. Perché la produzione di Ossitocina riduce l’allerta, abbassando i livelli di Cortisolo e non permette di avere una corretta visione dei possibili pericoli.

Quindi??? Come possiamo fare per vivere una vita che funzioni bene?

Quel che ci suggerisce Marian Rojas Estapé è di allenarsi a scegliere come pensare e percepire la realtà che ci circonda. A volte, quando siamo troppo allenati a vedere male o a vedere bene serve un aiuto esterno. Psichiatri, psicologi, coach, counselor.

Altre volte, possiamo ottenere buoni risultati disciplinando la nostra vita con qualche piccolo sacrificio, ma godendo degli incredibili risultati dell’allenamento.

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L’arma vincente? Bilanciare i propri pensieri!

Le strade per bilanciare i propri pensieri possono essere tante. Dall’iscriversi a un corso di mindfulness e praticarla con costanza, al fare sport che attivano le “giustedosi di neurotrasmettitori, al raccogliere dei pensieri “innescatori”, ossia, frasi da utilizzare per entrare nello stato più utile in quel momento.

Tutto ciò può permetterci la libertà di scegliere. Di decidere cosa vogliamo per noi in un determinato momento.

Ora pensate per un secondo al racconto con cui ho esordito. Pietro si stava lamentando, perché voleva assolutamente un computer. Quale meccanismo è entrato automaticamente nella mia mente? Il “pensar male”. Infatti, dentro di me l’ho accusato di fare i capricci.

Casualmente, mi è uscita una domanda (potente visto il risultato): “Scusa, amore di papà, che ci devi fare con sto benedetto computer?”.

Questa domanda che mi doveva essere utile solo per prendere tempo mi ha permesso di “vedere” con occhi nuovi la richiesta di mio figlio e di sentirla come legittima.

Quante volte potrei non aver ascoltato una richiesta legittima, solo per aver lasciato andare il mio pensar male senza attenzione?

Immagiamo questo stesso meccanismo proiettato nel tempo, negli anni, quanto possa impattare sul mio rapporto con lui. E Pietro è l’amor della mia vita. Figuriamoci come lo stesso fenomeno possa avvenire in modo ancora più distratto e spiacevole anche con gli amici, con i colleghi e con i clienti.

Siamo le nostre interpretazioni. Ci cibiamo dei pensieri che affollano la mente. È nostra responsabilità cibare il cervello con pensieri sani e utili, evitando invece tutto ciò che può intossicare le sue risposte.

Conclusioni

Conclusioni e riflessioni

All’interno del suo bellissimo libro (almeno secondo me 😊), Marian Rojas Estapé sostiene con forza che la felicità non capita per caso. La felicità è una presa di decisione consapevole che impatta sul nostro modo di percepire la realtà e la vita.

Il fatto che la vita contemporanea sia segnata da condizioni di ansia, paura, stress, senso di colpa è frutto non tanto delle cose che avvengono, ma del modo con cui le interpretiamo e soprattutto dell’inerzia con cui affrontiamo la vita. Aspettiamo che siano i fatti della vita a cambiare. Cosa assai difficile.

Con un po’ di sano allenamento, guidato da sani consigli, possiamo trovare una soluzione. Rojas traccia nel libro un quadro completo del mondo psichico dell’uomo/donna contemporaneo. Individuando diverse tipologie di situazioni da affrontare. Alcune più patologiche, altre più normali.

Unisce la prospettiva medica e neuroscientifica, sottolineando il ruolo intossicante del Cortisolo, l’ormone dello stress nel processo di infiammazione sistemica legato all’alimentazione e quello psicologico ed etico delle emozioni represse, della sofferenza, del senso di colpa.

Tutti stati dell’essere, frutto di interpretazioni non funzionali, non reali, della vita e degli eventi che sono accaduti. Rojas, così, suggerisce di trovare modi per cambiare prospettiva. Per riattivare il nostro senso di responsabilità personale. Siamo “fatti” dei nostri pensieri 😊.

Marian Rojas Estapé consiglia, per prima cosa, di imparare a entrare in contatto con se stessi. Ritrovando senza giudizio l’origine dei nostri dolori, conquistando nuovi equilibri, dove paura, rabbia, tristezza, disgusto siano accolte come possibili allo stesso modo di gioia e sorpresa, fiducia.

La Migliore Versione di Sé

Questo equilibrio che passa per la nostra capacità di tirar fuori la nostra migliore versione di noi stessi. Una sorta di formula magica che Marian Rojas Estapé chiama MVS, la Migliore Versione di Sé:

(Conoscenza + Forza di volontà + Progetto di vita) x Passione.

Ecco su cosa ci suggerisce di concentrare il nostro allenamento personale per dirigere la vita verso uno stato di benessere dinamico che possiamo chiamare tendenziale felicità:

  1. La conoscenza serve per renderci consapevoli e preparati a ciò che può sempre accadere. Non a caso, avere forza di volontà e un bel piano, senza le dovute conoscenze può solo portare a un grande fallimento.
  2. La forza di volontà rappresenta la nostra capacità di posticipare la ricompensa e la gratificazione per ottenere un risultato ancora più bello alla fine del viaggio. Fermarsi ogni due per tre per guardare qualcosa che attira la nostra attenzione può non permetterci di arrivare nei giusti tempi alla meta.
  3. Un progetto di vita significa definire delle tappe, degli obiettivi di valore, dei risultati intermedi, momenti di celebrazione. Avere un progetto non significa non cambiare più strada. Significa lasciare la mente libera di lasciarsi attirare dalla bellezza del viaggio immaginato fin dove possibile.
  4. La passione non somma … moltiplica. Avere passione per le cose che si fanno vuol dire produrre nel cervello nuove connessioni neurali, attivare quindi una neurogenesi, allungare i telomeri (la parte finale dei cromosomi che preservano l’invecchiamento cellulare), riducendo l’invecchiamento.

Sembra una formula matematica. Può apparire come una magia di Harry Potter, ma ha un significato per me profondo. Vivere felici è possibile e serve, come diceva mia nonna Lilla, è frutto di saper godere, tutti i giorni di cose semplici. Sarà forse per questo che ha raggiunto l’età di 102 anni?

Non posso saperlo, ma voglio “pensare bene” e credere che possa essere vero. Voglio credere si possibile raggiungere la giusta D.O.S.E di felicità. Con questo senso di possibilità, vi auguro un 2020 speciale, ricco di allenamenti per far diventare le vostre vite sempre più ricche … di cose semplici, dall’alto potenziale gioioso, come ha fatto mia nonna Lilla.

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