I 4 tempi di una comunicazione efficace: vendere con stile di Umberto Di Rienzo

Relazione e comunicazione possono essere schematizzati in modo semplice e facilmente applicabile?

È possibile distinguere lo stile di ciascuno di noi attraverso qualche algoritmo?

Possiamo personalizzare la comunicazione con l’altro per condividere al meglio i nostri punti di vista e vendere le nostre idee?

Intro

Mi ricordo ancora il primo giorno d’aula nella mia prima grande azienda. Quella che non si scorda mai. Avevo cominciato da poco a lavorare in Pfizer, nel gruppo di sales training. Ilaria, allora mia super capa, mi assegnò la responsabilità di un corso a Venezia: Comunicare efficacemente con il medico.

Si trattava del mio primo corso che avrei fatto da solo. Avevo circa 27 anni e davanti mi trovavo un pubblico con un’età media di 45 anni. Non avevo alcuna esperienza di vendita e/o comunicazione. Non avevo fatto l’informatore né il venditore. L’informatore, anche l’avessi voluto, non avrei proprio potuto.

La legge italiana non voleva studenti Relazioni Pubbliche nell’attività di informazione scientifica 😊. Il mondo del farmaco e della sanità in generale è diverso in Italia rispetto a molti Stati al mondo. Sta di fatto che …

Non potevo comunque fare appello alla mia esperienza diretta, ma solo alla mia capacità personale di comunicare appresa all’università e nella vita di tutti i giorni. Forse mi avrà salvato il mix da cui provengo: mamma bergamasca e papà siciliano. Un bel mix.

Fortunatamente, a mia disposizione avevo anche delle super presentazioni realizzate dal mio speciale team di training. Mi sentivo fiero per la grande possibilità che Ilaria mi stava dando, ma avevo, al contempo, molta paura di non essere in grado di fare le cose con la qualità e preparazione dei miei colleghi.

Lo sguardo di Ilaria, però, mi infondeva tantissima sicurezza. Mi fece sentire che potevo farcela. Potevo dare spunti utili anche a persone che potevano avere molta più esperienza di me.

Il coraggio che mi infuse me lo porto dietro anche ora e mi guida nel dare la stessa fiducia che ho ricevuto io anche ai colleghi più giovani che ogni tanto coinvolgo nelle aule. Una sorta di passa il favore (fiduciario) simile a quello che troviamo raccontato in Sogno per domani.

Il DISC e la comunicazione efficace con il medico

Oggi, mi viene da sorridere, pensando a quanto raccontavamo in aula all’epoca (purtroppo il 2004 era davvero un’epoca fa e mi fa impressione rifletterci oggi a distanza di quasi 19 anni). 2 giorni interi di corso passati a parlare ci come riconoscere il proprio stile e lo stile dell’altro.

Un percorso quasi psicologico che, alla fine, interessava moltissimo le persone, ma che, in soldoni, non veniva applicato molto al mondo lavorativo. Vi domanderete perché. Non ho una ragione sicura in mente, ma credo che lo facessimo troppo complesso rispetto a quanto servisse realmente.

Chi si occupa di comunicazione ha bisogno di qualcosa di pratico, semplice, spendibile in poco tempo. Ove la complessità è maggiore dei benefici il rischio è che … tutto si perda nell’oblio. Ed è quello che succedeva all’epoca.

Il corso riceveva ottimi feedback, perché i temi riscuotevano un grande interesse e venivano affrontati con dovizia di particolari. Però, poi quando si tornava sul campo, nella propria vita di tutti i giorni, poche volte le persone continuavano il percorso intrapreso in aula.

Qualcuno potrebbe obiettare che i benefici potevano essere comunque tanti e che forse sono troppo severo con il mio personale giudizio su quel percorso. Avrei avuto la stessa idea oggi se non avessi visto gli stessi argomenti e strumenti, raccontati in modo diverso. Serviva tornare all’antico, ritornare da dove tutto è cominciato, un ciclo semplice di interazione.

Quanto dobbiamo tornare indietro nel tempo per comprendere l’emergere della necessità di schematizzare le relazioni e la comunicazione?

Fu Ippocrate, seguito a distanza di anni da tantissimi altri autori, a coltivare per primo l’interesse per questo tema. All’alba dei tempi, nell’antica Grecia, il primo dei nostri padri fondatori era interessato a predire i comportamenti dell’altro per facilitare l’ascolto, l’anamnesi, la cura e l’aderenza terapeutica.

Ippocrate era davvero un visionario. Aveva capito che dovevamo semplificare il processo di comunicazione per renderlo più efficace. In questi ultimi anni, si è parlato dell’importanza dell’aderenza terapeutica. Sembrava un concetto nuovo. Non me ne vogliano gli esperti, ma c’è chi ci è arrivato molto tempo prima.

Jung, Kolb e altri hanno poi confermato attraverso i loro studi le intuizioni di Ippocrate a favore di un processo di comunicazione a 4 tempi e di riconoscimento degli stili di comunicazione come elementi alla base di un sano processo di influenza reciproca nella relazione con l’altro.

Tutto però doveva essere semplice altrimenti non sarebbe stato replicabile facilmente.

Ma come fare a trasferire il valore di un metodo che eravamo sicuri fosse efficace, senza appesantirlo e renderlo più complesso del necessario?

L’incontro con Umberto Di Rienzo e il team Connectance diede una risposta a questa domanda.

Un nuovo modo di raccontare la comunicazione a 4 tempi

Quando sono uscito da Pfizer e ho avuto la idea di fondare una società, maieutiké, che occupasse di sviluppo dei talenti e di eventi formativi coinvolgenti e innovativi, mi sono a un certo punto trovato da solo e questa solitudine non mi piaceva.

Uno dei vantaggi di vivere in azienda era quello di sentirsi connessi con altre persone. Fare un break insieme, confrontarsi in riunione, pranzare insieme, erano tutti momenti cool in cui lo stare insieme mi faceva sentire vivo e felice.

Diventato consulente, tutti questi privilegi relazionali si erano persi. Ma fortunatamente non ero il solo ad avere questo bisogno di relazione e di connessione. Ci siamo trovati, un bel dì, quattro amici al bar e abbiamo fondato un’associazione di formatori, coach, consulenti, psicologi, counselor, maestri yoga, …

All’inizio eravamo davvero solo 4 amici formatori al bar. L’intenzione, la scommessa, era quella di far crescere il valore di una associazione che poteva integrare e combinare mondi completamente diversi ma capaci di danzare insieme.

Abbiamo sognato a occhi aperti, abbiamo avuto una visione che potesse esistere un nuovo modo di fare sviluppo dei talenti che rendesse possibile divertirsi, apprendere e sentirsi parte di una comunità di sviluppo che stimolasse innovazione.

Una delle persone che insieme a me era presente in quei primi incontri fu Umberto Di Rienzo. A quel tempo era appena uscito da Errebian, una società che vende materiale per ufficio e dove Umberto aveva ricoperto diversi ruoli (dal venditore al responsabile formazione passando per il ruolo di vice direttore commerciale).

La cosa bella è che ci siamo subito trovati. Entrambi eravamo convinti di quanto la comunicazione e la vendita, se ben trattate, potessero generare valore in un mondo dove spesso questi temi sono visti con diffidenza, perché associati al termine manipolazione.

Umberto aveva tanta esperienza pratica nel mondo vendita. Io, dall’altro lato, venivo percepito come un esperto nel mondo della  comunicazione e avevo raccolto nel tempo diversi modelli che potessero aiutarmi a interpretare le esperienze pratiche di comunicazione e vendita in chiave teorica.

Ero diventato nel tempo esperto di formazione esperienziale secondo il modello di Kolb e secondo la scuola di Kaos Pilot, ricordavo bene il modello DISC che utilizzavamo in Pfizer, avevo approfondito la programmazione Neurolinguistica in America.

Umberto era affascinato dalla mia preparazione tecnica. Io ero affascinato dalla sua esperienza pratica, dalla sua arte di semplificare e rendere tutto facilmente applicabile.

Questo incontro fu tra noi fu molto interessante e cambiò drasticamente le nostre reciproche vite.

Da dove abbiamo cominciato

La nostra collaborazione, insieme a quella di altri colleghi, ci permise di fare alcune meta analisi sui modelli che avevamo a disposizione e che avevamo negli anni approfondito. Le teorie sembravano diverse, un set di argomenti distinto e autonomo che non potesse essere legato, miscelato, mixato.

Invece, abbiamo insieme scoperto che quasi tutti questi argomenti avevano origini comuni. Forse, ciò è dovuto al fatto che è una disciplina molto antica. Ippocrate è un neofita rispetto al momento in cui gli esseri umani hanno iniziato le prime comunicazioni.

I primi atti di comunicazione nascono nella preistoria, nelle caverne. È vero, si trattava di un modo molto rudimentale, simboli poco eleganti, ma eloquenti. Lo scopo era imparare dalle esperienze e segnare sui muri le informazioni da memorizzare e trasmettere per garantirsi un futuro migliore.

Dopo i primi geroglifici preistorici possiamo dire che il più grande balzo in avanti nel mondo della comunicazione è partito dall’antica Grecia. Qui inizia l’arte di argomentare per dimostrare tesi e antitesi. Tutto è basato sul cercare il confronto.

Anche a quell’epoca, la verità sembrava svelarsi grazie a una sana alternanza tra esperienza e cognizione teorica. La forza era nello scambio tra questi due mondi. Un po’ come lo scambio tra me e Umberto. Pratica contro teoria.

Da un lato la forza del andare avanti con il bagaglio delle esperienze proprie e collettive e dall’altro la forza degli aspetti cognitivi, della struttura metodologica, della generalizzazione teorica per poter migliorare i processi e portare innovazione.

Umberto Di Rienzo e io non c’eravamo incontrati a caso. Ce ne siamo resi conto dopo, ma il nostro incontro ha generato uno scambio che ha portato nel tempo un potenziamento reciproco. Le nostre differenze individuali messe insieme in una danza armonica hanno permesso la semplificazione dei modelli.

O, almeno questa è la nostra impressione.

Vendere (e comunicare) con stile

Nel 2017, eravamo finalmente pronti a raccontare come questi temi potessero mettersi al servizio di chi nelle aziende comunica valore ai clienti. Ne è nato così il libro scritto da Umberto, curato dal sottoscritto, in cui è sintetizzato in modo semplice ed efficace il nostro approccio metodologico: “Vendere con stile

Il libro è stato letto da molte persone. Dopo averlo letto spesso ci danno alcuni feedback. Il primo che emerge è: “è davvero bello scoprire il proprio stile di comunicazione e vendita”. Non mi stupisce, perché la mia vita è una continua ricerca di me stesso e delle mie dinamiche interne ed esterne.

Il secondo ritorno che spesso ci viene dato è legato al beneficio incredibile che può derivare dal differenziare per ciascuna persona il messaggio che voglio portare. Stesso contenuto, ma diversi modi di poterlo veicolare. Qui bisogna combattere la sensazione manipolatoria che sta dietro al differenziare.

Quando differenziamo la comunicazione per l’altro, stiamo manipolando?

È una bella domanda. La mia risposta è potenzialmente sì. Vi faccio un esempio semplice. Se vi trovate davanti a un bambino di tre o quattro anni e volete parlargli cosa fate per prima cosa?

Sicuramente, vi sarà venuto in mente di abbassarvi e mettervi al suo livello spaziale. Avete differenziato la comunicazione, perché avete scelto di rispondere al bisogno del bambino di essere tranquillizzato grazie a una postura più simile alla sua (parlare con qualcuno che incombe dall’alto non è piacevole 😊).

Avete manipolato? Boh, dipende dallo scopo che avevate in testa. Se volete convincerlo a fare qualcosa che fa comodo per voi, ma è brutto per il bimbo, sì, se, dall’altro lato, volevate farlo sentire bene e tranquillizzarlo per il bene di entrambi, avete solo comunicato (dal latino mettere in comune).

Ogni strumento teorico è come un bisturi. Può essere utilizzato per salvare le vite umane o può essere usato per uccidere. Dipende dalle nostre intenzioni.

A questo punto, credo possiate essere curiosi di conoscere quanto abbia inserito Umberto nel suo libro. Come si sarà unita la sua pratica alla mia teoria?

Nello schema che trovate qui sotto, potete osservare una sintesi dei 4 colori che il modello di Kolb (simile al DISC, all’Insight Discovery, agli Stili Sociali, …) descrive nella sua teoria. Sono identificati grazie a due assi che contrappongono due forze molto importanti nella comunicazione:

Sull’asse delle ordinate, in alto, si collocano le persone che hanno una particolare capacità di condividere e parlare di esperienze dirette e concrete, dove l’istinto e l’intuizione sono particolarmente considerati. In basso invece si collocano le persone che sono attente a parlare di concetti, informazioni e processi, dove la logica è molto importante.

Sull’asse delle ascisse, a destra, si collocano le persone particolarmente capaci di riflettere e porre domande e prima di agire hanno necessità di incubare un po’ di elementi. A sinistra, si collocano, invece, le persone che tendono a scendere in azione facilmente per risolvere le situazioni ed esprimere i propri punti di vista.

I 4 colori vengono fuori incrociando i due assi e creando 4 raggruppamenti tendenzialmente omogenei (anche se poi vedremo che non è totalmente vero). In alto a sinistra ci sono i gialli, adattivi, capaci di accomodare facilmente le situazioni anche improvvisando senza avere a disposizione troppi elementi.

In alto a destra, si posizionano i verdi, divergenti, capaci di riflettere molto sulle esperienze che stanno vivendo e di ascoltare ogni punto di vista altrui, incamerando le possibili informazioni emozionali e personali messe in campo.

In basso a destra, si collocano i blu, assimilativi, capaci di riflettere molto bene sui dati, sulle informazioni teoriche e abituati a tirar fuori dal cilindro concetti complessi capaci di riassumere la mole di informazioni acquisite ascoltando e analizzando.

In basso a destra, infine, si posizionano i rossi, convergenti, capaci di entrare velocemente in modalità problem solver e interessati quanto prima a risolvere la complessità delle situazioni con una decisione con sicurezza e tempestività.

Il libro di Umberto Di Rienzo, “Vendere con stile”, ci fa entrare in modo molto efficace nei meandri di questi 4 personaggi in cerca di bisogni e ci aiuta a trovare per ciascuno di essi un piano d’azione per conquistarne la fiducia e per mettere in atto una comunicazione efficace.

Significa che venderemo a tutti? Non è detto.

La comunicazione è lo strumento madre per la vendita, ma non è sempre scontato che se racconto bene le informazioni di un prodotto che sto presentando, queste informazioni siano sufficienti a generare un accordo.

Il nostro interlocutore, al di là dei bisogni di comunicazione, ha dei bisogni molto pratici e concreti che riguardano il motivo per cui potrebbe acquistare un prodotto. Per cui, se il prodotto non fa per lui o non tocchiamo le caratteristiche giuste, potremmo comunque incorrere in un no.

Però, senza una comunicazione efficace e mirata all’altro, non sapremo mai se la scelta di non comprare sia dovuta a un bisogno non soddisfatto dal prodotto o dalla nostra incapacità di cogliere la sua attenzione e il  suo interesse. Per questa ragione è importante scegliere i percorsi più adatti a chi abbiamo di fronte.

La comunicazione a 4 tempi

Ora, nella programmazione neurolinguistica, per descrivere questo processo di comunicazione che tiene conto delle modalità dell’altro, si parla di ricalco. Può essere importante comprenderne le ragioni prima di scendere nei dettagli di come possa essere utilizzato.

Perché utile calibrare il nostro interlocutore e ricalcarne alcuni tratti comunicativi per fornirgli la miglior comunicazione possibile?

Questo meccanismo è legato al fatto che le persone hanno un cervello mammifero che funziona come quello degli animali. Ci spinge ad avvicinarci verso animali simili a noi e ad allontanarci da chi è molto differente.

Per cui, per evitare che l’altro si allarmi inconsciamente per qualcosa che facciamo, è cruciale comunicare al meglio rispettando le sue modalità di comunicazione.

Fortunatamente, però, gli esseri umani per quanto diversi non sono così diversi gli uni dagli altri. Esistono dei passaggi che ognuno di noi fa quando comunica e che funzionano bene con chiunque abbiamo di fronte. Sono gli step con cui entriamo in relazione di comunicazione e vendita con l’altro.

Si tratta di 4 semplici step, da cui deriva il nome del modello (comunicazione a 4 tempi, come i motori), che possono essere facilmente osservati in ogni comunicazione che mettiamo in atto:

  • Apertura: momento cui avvengono i saluti iniziali e si introducono in modo sommario i temi di cui vogliamo parlare
  • Domande/Riflessioni: momento in cui pesiamo le parole con cui vogliamo condividere con l’altro l’importanza di ciò che stiamo per dire e cerchiamo di comprendere quanto sia importante anche per l’altro.
  • Argomentazioni: momento in cui scegliamo le principali informazioni che dimostrano la nostra tesi/idea
  • Chiusura: momento in cui prendiamo decisioni insieme per risolvere la problematica e trovare un prossimo passo condiviso.

Ogni stile predilige e passa senza sforzo all’interno di queste due fasi, mentre si sforza di essere efficace, consumando un po’ più di zucchero (beh gli sforzi attivano richieste di ATP anche quando pensiamo 😊). Ora, può diventare ancora più importante riconoscere il proprio stile. 

Il nostro stile ci segnala quali sono i nostri bisogni all’interno di una comunicazione e quali possono essere quelli dell’altra parte. Ma allo stesso tempo ci rende consapevoli delle aree della comunicazione in cui possiamo allenarci.

Per qualcuno potrebbe essere complessa la fase di apertura e relazione iniziale, per qualcun altro la fase di riflessione e di domande, per altri ancora la fase in cui passare alle argomentazioni e per qualcun altro ancora potrebbe essere la fase di chiusura.

Personalmente, amo molto l’apertura e la chiusura, ma, certe volte, quando non mi preparo bene, rischio di essere debole nelle domande e nelle argomentazioni. Col tempo, acquisendo esperienza, sono riuscito a rendere naturali anche i due passaggi per me più faticosi, ma la stanchezza ancora mi fa brutti scherzi.

Probabilmente avrete intuito da questi elementi che io sia un tendenzialmente adattivo, un po’ giallo per dirla coi colori. Non è il mio unico colore, per fortuna. Ho anche uno spiccato verde che riesce a calmierare la mia voglia di chiacchierare e di sentirmi protagonista.  

Alcuni colleghi obbietteranno perché sanno che in talune situazioni sono sconfinatamente giallo. Sono di parte perché mi vedono quando faccio uscire la parte fanciullesca. Con i colleghi ce lo possiamo talvolta permettere, anche se non sempre è funzionale lasciarsi assecondando al proprio istinto.

Quando, invece, mi trovo di fronte ai miei interlocutori e voglio comunicare qualcosa che desidero possa venir recepito bene, riesco con maggiore flessibilità, anche in fase di flusso (quando sono immerso nella relazione con l’altro e perdo la cognizione del tempo per diversi istanti) a stemperare i picchi.

In quei momenti, sono in grado di scegliere con maggiore attenzione le modalità più utili per la persona o le persone che ho di fronte e spesso mi dicono ci riesco bene. Ogni giorno mi alleno e fortunatamente qualche risultato riesce a vedersi.

Non sono nato comunicatore. Ho imparato e sono felice degli sforzi che ho dovuto mettere in campo per giungere a questo mio stile personale. C’è chi nasce con già dei talenti esplosi e chi deve comprendere come farli esplodere. Io sono della seconda categoria. L’impegno è stata la chiave di volta.

Quindi, ora potreste chiedermi: che allenamenti possiamo fare per tirar fuori il nostro talento personale?

Proviamo a sintetizzare qui di seguito cosa ci racconta Umberto nel suo libro di cui dovremmo far tesoro.

Piano d’azione per potenziare la propria flessibilità

Il segreto è molto semplice. 3 fattori sono davvero importanti:

  • Scoprire chi siamo
  • Abituarsi a stare bene in ogni fase
  • Creare diversi percorsi per ciascun tipo di interlocutore

La via maestra per padroneggiare la propria flessibilità è quella di riconoscere innanzitutto chi siamo, quali sono le nostre preferenze. Questa scoperta di noi stessi ci permette di iniziare a pianificare i nostri allenamenti.

Dopo aver compreso il nostro stile, riconoscendone i bisogni, i talenti, i punti forza e di miglioramento, possiamo utilizzare la comunicazione a 4 tempi per allenarci a differenziare la comunicazione con ciascun interlocutore.

Alla fine le basi attraverso cui passare sono 4 (apertura, riflessioni/domande, argomentazioni, chiusura) e valgono per tutti. La differenza non sta quindi nel numero o nell’ordine delle fasi, ma nel tipo di contenuti da inserire in ciascuna fase e nel tempo che possiamo dedicarle.

Per cui è importantissimo allenarsi passando tempi diversi in ciascuna fase. A volte, l’apertura sarà breve, altre volte sarà più lunga. L’importante è sentirsi a proprio agio in entrambe le modalità. Solo in questo modo possiamo diventare flessibili e mantenere la nostra autenticità nel tempo.   

Il terzo ingrediente di un piano d’azione efficace è quello di preparare anche i contenuti in modo differenziato, scegliendo in modo consapevole quali elementi condividere e in quali modalità.

Per colpire qualcuno serviranno magari delle storie, per qualcun altro sarà importante avere dati e informazioni tecniche. E per essere bravi in entrambi questi percorsi dobbiamo progettare bene e allenarci tanto.

Faticoso? Un po’. Divertente? Molto. Si può fare? Assolutamente sì ed è anche più divertente se lo fate in compagnia di altre persone.

Per cominciare, vi invito a leggere il libro di Umberto Di Rienzo, così potete riflettere sul vostro stile personale di comunicazione e vendita e su quello del vostro interlocutore, individuando diverse modalità per personalizzare la vostra comunicazione, mantenendo l’autenticità:

Aspetto come sempre i vostri feedback!

Fabio

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