Intro
Questo mio pezzo nasce dalla lettura dell’articolo https://hbr.org/2017/01/the-neuroscience-of-trust. Ringrazio l’autore per avere raccontato, sintetizzato e elaborato conoscenze che negli anni avevo raccolto in modo molto frastagliato e non ero riuscito a integrare in modo così ricco e, per certi aspetti, stupefacente.
Nella mia vita ho sempre creduto nel potere della fiducia. Mi fido e spesso le persone si fidano. Sia di me sia del mio operato (ci sono dei settori dove non mi fido nemmeno io di me stesso, per cui non posso nemmeno chiedere agli altri di fidarsi di me :)). Poi, ci sono volte in cui, anche nei settori all’interno dei quali ho forte la competenza, non riesco a generare fiducia o non riesco a fidarmi di qualcuno preparato e competente. Qualcosa non funziona e i meccanismi si inceppano. La cosa strana è che anche raggiungendo gli obiettivi, anche avendolo fatto insieme, qualcosa comunque non va e il grado di soddisfazione non è alto. Lo stesso meccanismo si attiva anche quando è l’organizzazione, l’azienda a non generare fiducia al suo interno. E girovagando nel mercato delle cosiddette company è facile percepirlo anche solamente facendo una passeggiata al loro interno.
Le azioni proposte da Paul J. Zak
Tornando all’articolo, l’autore Paul J. Zak, direttore e fondatore del Centro per gli Studi di neuroeconomia e professore di economia, psicologia, management presso la Claremont Graduate University, ci spiega in modo ch
iaro cosa accade nel cervello quando ci fidiamo e ci propone 8 azioni per generare rapporti di fiducia a livello di organizzazioni aziendali di tutte le dimensioni:
- Riconoscere le eccellenze
- Indurre stress da sfida
- Dare discrezionalità sul modo di lavorare
- Permettere alle persone di scegliere il proprio lavoro
- Condividere le informazioni
- Costruire relazioni intenzionalmente
- Facilitare la crescita della persona a tutto tondo
- Mostrare la propria vulnerabilità
Secondo il mio personale punto di vista, queste azioni, possono facilmente funzionare anche nella sfera personale, nell’organizzazione più antica del mondo chiamata famiglia e nelle organizzazioni in cui la famiglia è immersa (parrocchia, quartiere, sport, …). Ad esempio, come già in varie scuole di psicologia viene da diverso tempo raccontato, è molto utile fissare obiettivi anche in famiglia, rendendoli raggiungibili
e sfidanti allo stesso tempo, permettendo una auto organizzazione e riconoscendo l’eccellenza e l’impegno profuso in modo diretto, semplice e a volte in modo pubblico (invece di festeggiare un compleanno perché non festeggiare come direbbe Marlo Morgan in “E venne chiamata due cuori”, l’acquisizione di una nuova competenza). Questo approccio (riconoscere le eccellenze + indurre stress da sfida) creerebbe una cultura dell’eccellenza e farebbe cominciare percorsi di sviluppo anche inter-familiari. Scegliere di rendere autonome le persone, fornendo la libertà di decidere su che fronte giocare, di definirsi i metodi facendo errori controllati e sperimentando anche strade non conosciute, rispettando allo stesso tempo le policy e raggiungendo in tempi ragionevoli i risultati fissati (dare discrezionalità la modo di lavorare + permettere alle persone di scegliere il proprio lavoro + Facilitare la crescita della persona a tutto tondo) e lo sviluppo dei propri talenti (sentirsi in evoluzione e in miglioramento è una sensazione incredibile) sono due chiavi importantissime per lo sviluppo di legami di fiducia solidi e duraturi.
La fiducia non può non nascere dal piacere di creare reti di relazioni reciproche e di sostegno. Non sempre le relazioni funzionano, non sempre ci piacciono le persone con cui collaboriamo, con cui passiamo il nostro tempo libero (magari sono solo persone con cui condividiamo una passione, ma che non frequentiamo perché non è scattata alcuna scintilla). In sostanza, non è detto che dalle singole persone si possa sempre trarre qualcosa, intesa come gioia, aiuto, collaborazione, ma nel lungo periodo, rimanendo curiosi e disponibili troveremo quelle persone con cui l’alchimia si manifesterà e così avremo comunque avuto ragione. O, addirittura, arriveremo a trasformare quelle che normalmente non si fidano in fiduciose e così la magia sarà davvero reale (Costruire relazioni intenzionalmente).
Qual è uno degli elementi più importanti che costituiscono la fiducia in una famiglia come in una qualsiasi organizzazione? La condivisione delle informazioni. Quindi condivido informazioni quando mi fido o mi fido quando condivido informazioni? In realtà, valgono entrambi i processi. Quando ho già un legame di fiducia, riesco a dare informazioni in modo più veloce e tempestivo, ma è anche vero il contrario. Ossia quando riesco a fornire informazioni in modo tempestivo costruisco in quell’istante un futuro legame di fiducia, un po’ come quando do acqua a una pianta e la faccio crescere (Condividere le informazioni).
Un altro punto chiave è la vulnerabilità. I leader hanno delle debolezze come tutti gli esseri umani. Sbagliano, hanno reazioni esagerate, a volte incomprensibili. Qualcosa li distingue da coloro che non dimostrano leadership. Sanno chiedere aiuto e sanno ammettere di
avere delle difficoltà. Sanno dire mi dispiace, ammettendo i propri errori (Mostrare la propria vulnerabilità). Non è un caso che oggi si parli sempre di più di leader emozionali e non di leader carismatici. Ammettere di non essere perfetti e insegnare con l’esempio a considerare gli errori uno strumento di sviluppo, l’università della vita, contribuisce alla creazione della cultura dell’eccellenza di cui ho parlato pochi paragrafi prima.
La cosa interessante e per me stupefacente è che tutte queste strade producono a livello fisico, anzi fisiologico, delle reazioni chimiche importanti. Viene prodotta l’ossitocina che può essere considerato l’ormone della fiducia. Quando vi è un’alta concentrazione di ossitocina il nostro organismo tende a dimostrare maggior fiducia, perché ha meno paura di fidarsi di altre persone e così si lascia andare più facilmente. Immaginate quali possano essere le implicazioni in economia di una scoperta del genere. Le nostre scelte possono essere condizionate dalla nostra chimica corporea e non solo dalla razionalità. Non è un caso che sia nato il filone legato alla neuroeconomia. E nel futuro credo che ne vedremo delle belle. 🙂
Conclusioni
Ho sempre pensato che fiducia genera fiducia. E scoprire che questo mio personale mindset non è solo possibile, ma è riscontrato anche scientificamente, mi ha dato forza e spero che questo articolo diffonda sempre di più quest’idea facendola diventare un mindset virale, capace di smontare le vecchie concezioni di azienda, di famiglia, di quartiere, di qualunque legame. La fiducia cambia il modo di vedere il mondo. Tu che mondo vuoi vedere?