“Il miglior discorso della tua vita”: discorsi sul parlare in pubblico

“Il miglior discorso della tua vita”: discorsi sul parlare in pubblico

Perché è importante parlare di presentation literacy, alfabetizzazione alla presentazione?

Si può imparare l’arte della retorica?

Quali componenti della comunicazione incidono maggiormente sul risultato della tua comunicazione?

Compertina di Il migliore discorso della tua vita Introduzione

Queste sono solo alcune delle domande a cui Chris Anderson cerca di dare risposte nel suo libro. La capacità di raccontare il proprio mondo attraverso le parole e l’uso di immagini, oggi, riguarda tutti: professionisti, giornalisti, docenti, studenti, esercenti, idraulici, elettricisti, …

Avete mai provato a sistemare da soli una cassetta di scarico? Basta fare una piccola ricerca su internet, magari digitando su google “aggiustare una cassetta per lo scarico dell’acqua marca ITS Todini?”

TA DA! Ecco, comparire innumerevoli filmati dove professionisti del settore idraulico molto gentili vi presenteranno, attraverso un artigianale video, tutto ciò che serve sapere per aprire, verificare e addirittura cambiare pezzi della cassetta.

Nessuno, prima dell’avvento di internet, aveva mai avuto questa straordinaria opportunità di mostrare in modo così semplice il proprio sapere. Prima era quasi impossibile arrivare in modo veloce ed economico a un numero così grande di altre persone.

Nel bene e nel male.

Per Chris Anderson, l’antica arte della retorica torna così centrale. O, forse, è meglio dire che può ritrovare il posto che le spetta tra le competenze di base. E, infatti, dovrebbe essere centrale, soprattutto, a scuola, dove si forma il DNA comunicativo ed emotivo delle persone.

La magia del TED

Anderson, che guida ormai da anni il TED da diversi anni, ha saputo valorizzare un format di divulgazione di contenuti tecnici provenienti dal mondo della Technology, dell’Entertainment e del Design, già vincente nella sua versione precedente. Quella prima del suo avvento nel 2006.

Insieme alla sua squadra di producer e organizer ha aggiunto alcuni piccoli, ma sostanziali, accorgimenti nella preparazione degli speaker e nella strutturazione dei messaggi. Nulla di trascendentale.

Piccoli elementi che hanno reso la formula adottata quasi magica. Anche gli argomenti più ostici possono diventare così poesia per le orecchie di chi nutre la curiosità di comprendere argomenti come la fisica quantistica, reazioni chimiche, comportamenti microcellulari, …

Dopo anni di successi, Chris Anderson ha, inoltre, deciso di svelare alcuni degli accorgimenti adottati nel tempo, inserendoli all’interno del suo libro “Il miglior discorso delle tua vita”. Un’opera che ti regala la possibilità di capire come diffondere idee e di ispirare il mondo in modo coinvolgente ed entusiasmante.

Seguendo i suoi consigli è possibile scoprire le potenzialità insite nello studio della retorica e delle competenze di presentazione. Grazie a questi primi ingredienti possiamo così trasformare contenuti complessi in forma fruibile, potabile.

Il libro si pone fin dai primi capitoli come un’opera di rottura. Vengono sfatati, in modo professionale, anche vecchi adagi della formazione.

Citazione TED

Cosa, come, quando e perché: in sintesi

Qualche settimana fa, durante una serata sociale organizzata dal Lions Club di Colorno La Reggia, ho avuto l’opportunità di parlare del tema “L’Arte della comunicazione”.

Per quanto non abbia parlato in alcun modo dei canali della comunicazione e non abbia citato il mitico Mehrabian, una delle domande con cui ho chiuso la serata è stata:

“Abbiamo parlato molto di modo di comunicare. Parliamo invece di contenuto. Quanto conta rispetto al risultato finale?”

Chi ha partecipato a corsi aziendali sa che ad Albert Mehrabian viene attribuito un esperimento molto citato dentro e fuori le aziende. Egli dimostra il grado di correlazione tra canali di comunicazione ed efficacia della stessa.

Cosa contribuisce maggiormente a un messaggio di arrivare in modo completo al nostro interlocutore?

Secondo l’interpretazione più diffusa, il contributo di ciascun canale è dovuto per:

  • Il 55% a elementi non verbali,
  • Il 38% a caratteristiche paraverbali
  • Il 07% a parole, linguaggio, contenuto, forma linguistica.

Purtroppo, a detta dello stesso Mehrabian, lo studio è stato, malamente, frainteso. Nel breve periodo, effettivamente, la comunicazione passa principalmente per elementi non verbali, come condiviso dallo stesso studioso. Difficile, ad esempio, ascoltare una voce soporifera anche se il contenuto è interessante.

Diverso è, però, valutare l’efficacia di un messaggio nel tempo. In questo secondo caso, i contenuti iniziano a valere di più. E le parole e le formule linguistiche acquisiscono molta più importanza. Le parole, infatti, quando ben scelte e incastonate in formule linguistiche coinvolgenti, rimangono nella mente dell’ascoltatore al termine di un discorso.

Linguaggio

Il linguaggio, secondo Chris Anderson, è la tecnologia di base dell’essere vivente e dell’uomo in particolare. Ci permette di far viaggiare le immagini dalla nostra mente in quella di chi ci legge o ci ascolta. Stiamo parlando della forma più antica ed efficace di multimedialità, multi sensorialità, sinestesia.

Le parole, a volte precise, altre volte ambigue, hanno un potere incredibile. In 18 minuti, possiamo stimare di esprimere più o meno 2.500 parole:

  • Quali saranno quelle indispensabili?
  • Quali fanno realmente la differenza?
  • Quali costituiscono lo scheletro del nostro discorso?

Uno dei primi consigli presenti nel libro è quello di partire sintetizzando. Il fine è di generare idee cariche di significato e di valore. La propria idea va descritta in sole 15 parole. Finché non ci riusciamo, potrebbe essere una perdita di tempo creare slide efficaci o costruire lunghi discorsi.

Invito al viaggio

Un discorso in pubblico è, prima di tutto, un percorso, una sorta di viaggio. Convincere qualcuno a immaginare di seguirci in un ragionamento, all’interno di una emozione è tutt’altro che scontato.

Deve essere il nostro interlocutore ad aprire volentieri la sua mente, noi possiamo indicare una porta, ma sta al nostro interlocutore decidere di entrare:

“Nessuna conoscenza può essere spinta dentro la mente di qualcuno. Deve essere la mente stessa a tirarla dentro.” Chris Anderson

Chi ci legge, ci ascolta, ci vive, deve permettere alle idee di entrare. Per esempio, con un contatto immediato, prima ancora di cominciare. Può bastare lo sguardo giusto o la magia di un sorriso.

Abbiamo, purtroppo o per fortuna, solo 90 secondi per raccontare l’idea di un viaggio dal quale potremmo tornare cambiati.

Non a caso, all’interno del libro, Il capitolo dedicato agli inizi (e alle conclusioni) offre tantissimi esempi di partenze emozionanti ed efficaci, tratti dalle conferenze TED.

L’attivazione della curiosità diventa così il carburante del viaggio. Una conquista fatta di piccoli passi, un equilibrio continuo tra mistero e disvelamento.

Sapere dal principio chi sia l’assassino togli il fascino di una storia. Troppo fiato sospeso fa perdere ingaggio.

Può essere una soluzione condurre passo passo il nostro ascoltatore con esempi e metafore. Il puzzle della storia deve far sì che i pezzi si incastrino perfettamente tra loro nella mente di chi ascolta.

Preparazione

Effetto preparazione

La perfezione dei TED più famosi, la loro naturalezza, quell’essenzialità, sono frutto di una preparazione attenta, quasi maniacale. Non ci sono né un gesto né una parola di troppo o di meno. Tutto è misurato.

Ogni oratore si prepara con lo staff per mesi. Parlare in pubblico è come andare da un sarto e scegliere un vestito. La forma iniziale va calata sul fisico di chi lo indosserà. Così anche il linguaggio e la forma espressiva vanno personalizzati. Vanno preparati.

La preparazione serve per dare spazio alla persona, ai suoi talenti, alla sua arte. Infatti, ci sono oratori capaci di prepararsi e ripetere a memoria con naturalezza, riuscendo a toccare le corde dell’anima. Altri, invece, hanno bisogno di incamerare tutto quanto e poi esplodere la propria arte in modo istintivo.

Due modi diversi e personalizzati di prepararsi per fare la differenza.

Secondo il modello delle TED Talks, per garantire la massima preparazione, il discorso viene analizzato parola per parola. I legami tra messaggi possono essere vari: similarità, metafore, contrasti, elaborazioni, esemplificazione, generalizzazione, prima-dopo, causa-effetto. Tutto dipende da ciò che meglio facilita il raggiungimento del risultato che vogliamo raggiungere.

Le scelte vengono fatte pensando a chi ascolta. Ogni persona dovrebbe sempre sapere in quale punto della storia si trova. Ogni smarrimento può dar luogo a incomprensioni e a perdita di efficacia.

Per questa ragione, bisogna saper costruire il discorso attorno a un tema principale, pianificando delle svolte, affrontando delle digressioni. Allo stesso tempo, bisogna tenere sempre visibile il filo conduttore, chiamato da Chris Anderson Throughline. Una sorta di guida che aiuta lo spettatore a seguirci.

Il fattore tempo nel parlare in pubblico

Come cambia la preparazione quando il discorso è di 18 min? Quando invece bisogna parlare mezza giornata?

Non so quali siano le tue risposte, ma posso dirti che la preparazione per discorsi da 18 min e di mezza giornata è completamente differente. Nel caso della mezza giornata, dobbiamo preparare argomenti a sufficienza, ma è possibile avere il tempo per recuperare possibili fraintendimenti e incomprensioni.

Nel caso di discorsi da 18 min. Non c’è possibilità di recupero. Per questa ragione, scriversi il testo del discorso può essere, come dice Chris Anderson, il segreto del successo.

L’agio e la naturalezza che vediamo nei video di TED derivano dall’allenamento. Un esercizio che assomiglia a quello degli attori di teatro che imparano la loro parte. Anni fa ebbi la fortuna di incontrare Fiorello a uno spettacolo dedicato alla nostra organizzazione.

Mi stupì. Mi ero immaginato una persona che non avesse bisogno di preparazione. Lo sorprendemmo in camerino, mentre si allenava prima dello spettacolo ripassando le battute, curando ogni dettaglio. Scorciatoie non ce ne sono nemmeno per le star, quelle da milioni di visualizzazioni.

Tutto è frutto di allenamento.

Immagini o parole

Siamo in un’epoca visuale. Negli esseri umani, la visione è il senso più sviluppato. Non è quindi un caso che, la gran parte delle aree cerebrali siano implicate nel riconoscimento e nella codifica degli stimoli visivi.

Eppure, un terzo delle conferenze più viste di TED non utilizza slide.

Sarà un errore? Una dimenticanza?

I migliori oratori, spesso, usano solo parole. A volte qualche immagine. L’avreste mai detto?

Personalmente, ho sempre spinto i partecipanti ai miei corsi a scegliere solo le immagini più evocative lasciando perdere le altre. Credo che il protagonista di una presentazione sia effettivamente il relatore e non il mezzo visivo. Molto spesso invece accade il contrario.

Eppure, non avrei mai immaginato una scelta così drastica. Avete letto bene. Si tratta di una scelta. Una decisione incredibilmente potente. Le parole fanno la differenza e stavolta non è la sola programmazione neurolinguistica a scriverlo.

Quindi le immagini vanno abolite?

No, Chris Anderson ci dice che le immagini possono essere anche abbondanti. Devono, però, avere uno scopo ed essere integrate in modo completo con le parole. O con il silenzio. O con la musica. Chi vince non è l’immagine o la parola, ma il significato che vogliamo condividere con il nostro pubblico.

A volte tante immagini senza commenti possono essere perfette, altre volte solo parole può essere la soluzione giusta. Dipende dalla nostra preparazione trovare la formula magica. Ogni tentativo può far scattare l’alchimia perfetta. Serve provare e verificare.

Authenticity2

Autenticità o finzione?

I video di TED emozionano. E, quasi paradossalmente, lo fanno anche quando parlano di argomenti apparentemente freddissimi.

Emozionare è uno scopo o un mezzo?

Per Chris Anderson, lo scopo di un discorso può essere definito come il trasferire un messaggio in modo chiaro e coinvolgente. Bisogna interessare il proprio pubblico e lasciare nella testa dell’interlocutore la sensazione di aver scoperto qualcosa.

Per ottenere questo scopo, il nostro cervello ha bisogno di un mix di elementi. Di ragione ed emozione. Contenuti e storie. L’arte oratoria, un po’ come l’arte culinaria, libera le capacità degli autori di miscelare gli ingredienti, confezionando così storie “vere”, ricche di contenuti, che trasudano emozioni vissute.

Per le stesse ragioni, non funzionano gli interventi pitch, ossia quelli che, tra le righe, ti vogliono vendere qualcosa. E nemmeno quelli che si propongono di essere inspirational senza alcun contenuto da trasferire.

Le emozioni non si creano, si possono solo suscitare. E si suscitano quando si vivono. Diventa così importantissimo essere consapevoli di cosa ci scuote e della facilità con cui siamo in grado di lasciare andare nel nostro eloquio le emozioni.

Per questa ragione, nell’ultimo capitolo, Chris Anderson parla di vocazione. Gli speaker che hanno sentito la “chiamata”, riescono a parlare in modo molto più toccante. E non è l’argomento fattore chiave.

È il sentire il proprio ruolo e la responsabilità di diffondere l’amore per la conoscenza, il far risuonare i valori nei discorsi a fare la differenza. Per esplodere il nostro potenziale, ogni aneddoto, progetto, messaggio che condividiamo deve essere parte della nostra vocazione profonda.

Perché, per fortuna, non si può recitare un’ispirazione. L’ispirazione è la risposta del pubblico all’autenticità, al coraggio, alla passione che ciascuno di noi mette nella propria vita di tutti i giorni. Senza la vocazione, ogni discorso sarà vacuo e inefficace.

Conclusioni

“Il migliore discorso della tua vita” è una grande TED Talks, fatta di capitoli snelli, veloci e pratici. Uno tira l’altro. Un percorso avvincente che comincia facendoci riflettere su “chi siamo” e torna a “chi siamo”, veramente.

Sembra la regia di un film. Ogni messaggio fa parte di un grande messaggio che Chris Anderson vuole consegnare ai suoi lettori. Il risultato finale è un ritorno a un sé cambiato. Un sé che è stato tritato da tutti i consigli e le tecniche offerte.

Non sempre, i consigli sono dichiarati in modo chiaro. Alcuni vanno letti tra le righe. Spesso, infatti, Chris mostra un pezzo di una conferenza e dopo aver spiegato le mancanze, ne mostra il risultato finale. Quello elaborato dopo l’attenta preparazione svolta con l’aiuto dei coach del TED.

Non ci racconta però cosa sia successo in mezzo. Ossia cosa abbiano fatto i coach per tirarla fuori. Ogni persona probabilmente troverà il proprio modo per far scattare questi meccanismi.

Forse è proprio, cercando di capire come generare quel senso di scoperta che è nata la mia idea del percorso Storymaking 5W: Who, What, When, Wow, Which first. Per chi fosse interessato ad approfondire ho scritto in passato un post dedicato che trovate seguendo questo link: http://fabiodeluca.net/storytelling-per-la-formazione-esperienziale-andrea-e-le-sue-avventure/

Come potete immaginare, al di là di alcuni consigli, che vanno comunque personalizzati sulla persona che li utilizzerà, non ci sono soluzioni pronte per l’uso, che vadano bene per chiunque.

Ogni relatore ha il proprio scopo, il proprio fisico, i propri valori, le proprie abitudini. Ogni elemento della persona, all’interno di un discorso, deve essere tenuto in considerazione. Ogni incoerenza può far perdere autenticità e forza al messaggio. Un’attenta preparazione può fare la differenza.

Immagine

Questo non vuol dire che non ci siano proposte molto pratiche e spendibili in modo immediato. Ad esempio, potete trovarne alcune qui di seguito:

  • quali tipologie di font usare sulle slide per aumentare la visibilità e l’efficacia espressiva
  • quali orecchini, abiti, colori evitare di indossare a causa dell’effetto contrasto luci e sfondo
  • quali allenamenti fare sull’uso della voce (sistema di note) al fine di modulare la prosodia, cambiando intonazioni delle parole e la velocità dell’intero discorso.

In conclusione, vi consiglio di leggere questo libro con attenzione, curiosità e tantissima voglia di mettere in pratica tutto ciò che possa massimizzare l’essenza di chi siete. L’autenticità. Quel messaggio che è costruito grazie alla profonda vocazione, alle abitudini e alle scelte stilistiche che fanno parte di noi mezzi di comunicazione.

Spero di vedervi presto sul palco di un TED, diffondere la vostra vocazione, magari proprio grazie alla lettura di questo articolo e del libro di Chris Anderson a cui è ispirato.

Comments

comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *