Lo strumento di feedback SBI  Situation-Behavior-Impact™: fornire feedback chiari e specifici

Intro

Dare e ricevere feedback è uno dei temi più frequenti che mi capiti di trattare. In italiano, la frase suona “dare e ricevere riscontro”. Non “suona” però proprio allo stesso modo. Non abbiamo una traduzione adeguata per un processo così prezioso.

Perché sostengo questa idea?

Perché all’interno della parola feedback abbiamo il verbo “feed” che significa nutrire. Per cui i feedback al di là della loro modalità di formulazione dovrebbero avere come scopo il nutrimento dell’altro. Eppure quando si discute questo argomento in azienda spesso l’impressione che si ha è un po’ diversa.

Le persone associano il feedback a momenti alquanto fastidiosi. Momenti in cui i capi o i colleghi dicono frasi che tutto sembrano tranne che nutrimento. Perché ciò accade?

Probabilmente, l’origine di questo problema è legato alla difficoltà di dare correttamente un feedback. Serve un bel po’ di impegno. Per dirla alla Kahneman, servirebbe attivare con volontà il Sistema 2. Per chi non se lo ricordasse è quel sistema di ci permette di attivare un processo cognitivo intenzionale.

Il sistema 2 si differenzia dal sistema 1 perché necessità di zucchero. Di energia. Perché sostengo che possa essere utile attivare il sistema 2? Perché quando vogliamo dare feedback nutrendo qualcuno abbiamo bisogno di guardare quel che accade evitando i bias, le scorciatoie di giudizio e alcune abitudini linguistiche.

Prendiamo un esempio come quello che segue:

“Ciao Giorgio! È un piacere vederti. Ci tengo davvero tanto a dirti che mi sei piaciuto tantissimo durante l’ultima presentazione del progetto X. Hai fatto davvero un bel lavoro. Credo che se continuerai così, avrai tante soddisfazioni.”

Come vi sentireste ascoltando queste parole? Probabilmente, bene. Stiamo parlando di un feedback positivo e di conferma di un lavoro ben fatto. Per cui possiamo dire che sia formulato bene? Pensateci un po’ prima di continuare a leggere.

Probabilmente, visto le mie domande, vi si sarà attivato il sistema 2. Se fosse ben formulato, Fabio non ci farebbe approfondire la questione. Oppure, Fabio è un po’ un simpaticone e gioca con le parole, per cui ponendo queste domande, fa sorgere il dubbio, ma, nella realtà, questo feedback può essere considerato ben formulato.

Chissà …

Per dare una risposta a questo quesito, prendo a prestito un modello che utilizziamo spesso per dare un protocollo al processo di dare e ricevere feedback: lo SBI™.

Che cos’è il modello di feedback SBI™?

Lo strumento di feedback SBI™ è stato sSviluppato dal Center for Creative Leadership e offre una struttura semplice che tutti sono in grado di utilizzare per raccogliere le informazioni utili per  fornire feedback efficaci. Indi per cui nutrienti.

SBI™, infatti, sta per:

Situation – Situazione

Si tratta del momento in cui abbiamo osservato la persona agire e dove abbiamo rilevato i comportamenti che vuoi condividere con l’altro. L’obiettivo è che il contesto del feedback sia chiaro e specifico e … condiviso con l’altro.

Nell’area situazione, io aggiungo anche un altro elemento che nel modello originario non c’è. Bisogna sempre valutare, quando vogliamo dare un feedback, la qualità del momento in cui vogliamo che quello scambio avvenga. Non sempre ci troviamo nel contesto e nel momento giusto.

Leggere la situazione emozionale dell’altro può permetterci di fare davvero la differenza.

Behavior – Comportamento

Dopo aver definito la situazione specifica in cui è avvenuto il fatto che vogliamo condividere, possiamo dedicarci al descrivere il ​​comportamento preciso osservato. Sembra facile a dirsi, ma, spesso, quando facciamo fare esercizio in aula, le frasi che vengono fuori sono tutte non osservabili.

Durante uno degli ultimi incontri, abbiamo chiesto di raccontare un comportamento visibile osservato e la frase che è venuta fuori è stata: “sei stato molto concreto”. È un comportamento visibile? No, anche se  è piacevole sentirselo dire. Va solo inserito in un’altra area del feedback per far sì che tutto funzioni meglio.

Qui, piuttosto, serve dire qualcosa a proposito degli esempi che la persona ha utilizzato, le parole che ha espresso, i risultati che ha condiviso, le modalità comunicative che ha utilizzato. Tutte cose osservabili e quindi utili per costruire un ponte di comunicazione con l’altro.

Impact – Impatto

È in questo punto che possiamo esprimere un commento legato alla nostra opinione rispetto ai comportamenti osservati. Qui “sei stato molto concreto” può andare già meglio. Perché non va comunque bene? Perché abbiamo creato comunque un’espressione assoluta, utilizzando il verbo essere.

Purtroppo frasi che partono con “Sei …” rischiano di generare etichette poco utili in generale. Allora, come possiamo esprimere al meglio quel che ci è arrivato osservando quel comportamento? Di solito è importante utilizzare frasi come per esempio “Questi comportamenti mi hanno fatto percepire concretezza, focalizzazione verso l’obiettivo…”

Quindi Giorgio ha ricevuto un feedback efficace?

Per rispondere a questa domanda, è sufficiente, porsi dei quesiti su ciascun punto dello SBI.

Situazione: è stata specificata la situazione? Giorgio ha ricevuto feedback a proposito dell’ultima situazione di presentazione che ha fatto in presenza del suo capo e dove si parlava del progetto X.

Quindi, per quanto non sia stata specificata nei dettagli, possiamo comunque pensare che la situazione sia per entrambi abbastanza chiara.

Comportamento: il comportamento che fa da ponte tra i due è stato ben specificato? Nella frase utilizzata dal responsabile di Giorgio, non vi è alcun riferimento a nessun comportamento messo in campo. Quindi, per quanto il feedback possa comunque essere piacevole, non è completo e non “regala” a Giorgio l’informazione che gli serve: cosa deve continuare a fare.

Impatto: l’impatto è stato descritto in modo chiaro e specifico? L’unica espressione è hai fatto un buon lavoro. Di per sé si comprende che l’effetto di alcuni comportamenti siano percepiti bene dal responsabile, ma … Rimane comunque poco chiaro cosa possa essere considerato un buon lavoro.

Qualcuno potrebbe obiettare che Giorgio abbia chiaro cosa abbia fatto di buono e che pertanto sia una perdita di tempo essere così specifici. Il mio consiglio è … Non dare nulla per scontato. Giorgio, come qualunque altra persona, ha bisogno di sapere i comportamenti messi sotto osservazione.

È l’unico modo per correlarli in modo diretto e chiaro agli effetti descritti nella fase di descrizione dell’impatto. A volte, mi è capitato proprio di ascoltare colui che ha ricevuto un feedback completo dire: “Sai che non sapevo di fare questa cosa durante le presentazioni? Grazie per avermelo fatto notare.”

Altre volte, può succedere invece che la persona dica “Grazie! Ho provato a fare questa cosa e sono felice che tu mi abbia confermato che funzioni”.

Ora, tutto ciò l’abbiamo approfondito nel caso di un feedback positivo, che normalmente contagia di emozioni piacevoli entrambi gli interlocutori. Gioia, sorpresa, aspettativa, fiducia sono emozioni che vengono alimentate facilmente da feedback che sottolineano azioni fatte bene.

Ma che succede quando invece il feedback verte su cose che vorremmo far cambiare all’altro? Situazioni in cui l’altro ha fatto cose che non doveva fare, perché abbiamo percepito effetti che non sono utili né per lui né per l’altro?

Certe volte succede di sbagliare e di non accorgersene. Il feedback in questi casi è davvero un passaggio estremamente importante per ampliare la nostra area percettiva. Solo grazie ai feedback ricevuti possiamo ampliare quell’area che Joe Luft e Harry Ingham hanno chiamato l’area cieca.

Ma cosa è l’area cieca?

Finestra di Johari

Per comprendere bene il concetto di area cieca, abbiamo bisogno di introdurre un modello chiamato Finestra di Johari (crasi tra Joe e Harry) che concettualizza i meccanismi di conoscenza e auto-conoscenza delle persone (foto di seguito).

In sostanza, spiega in che modo le persone si relazionino con sé stesse e con gli altri, attraverso diversi livelli cognitivi e relazionali. L’incrocio tra noi e l’altro genera una finestra divisa in quattro parti: APERTO, CIECO, SEGRETO, IGNOTO.

In alto a sinistra troviamo l’APERTO, ossia ciò che noi sappiamo di noi e abbiamo condiviso con le persone intorno a noi. In alto a destra abbiamo l’area CIECO dove si trovano le cose che non sappiamo di noi, ma che l’altro conosce e può decidere di condividere con noi.

In basso a sinistra abbiamo l’area SEGRETO, dove sono presenti le cose che noi sappiamo di noi e che teniamo riservate. Infine in basso a destra possiamo osservare l’area IGNOTO, dove si trovano le cose nascoste sia a noi che all’altro.  

Come si può vedere anche dall’immagine, ma credo sia facilmente intuibile, l’area CIECO è quella dove possiamo trarre maggiore vantaggio dall’ottenimento di feedback efficaci. Solo quelli efficaci possono espanderla e renderci molto più consapevoli di noi stessi, della nostra forza e di ciò che serve per migliorare.

AIKIDO nel feedback SBI™ al contrario

La forza di questo modello non sta solo nella capacità di fornire spunti per dare migliori feedback. La sua potenza risiede nello scudo che ci permette di ergere quando ne riceviamo di vacui, spuri. In sostanza dove manca una delle tre aree discusse nel modello.

Cosa possiamo fare quindi quando ci dicono per esempio “Non hai comunicato bene durante l’ultima riunione”?

Innanzitutto, possiamo fare un check sulle informazioni che sono presenti e su quelle che invece mancano:

È stata descritta la situazione? Sappiamo che il contesto è l’ultima riunione. Beh già qualcosa.

È stato descritto il comportamento? No, non ci sono elementi che possano fare da ponte tra quel che ha visto l’osservatore e colui che sta ricevendo il feedback.

È stato specificato l’impatto? Sicuramente qualcosa è stato detto, perché si comprende dalla frase che i comportamenti messi in azione non hanno generato una comunicazione efficace, ma non abbiamo molte informazioni nemmeno su questo punto.

Che fare a questo punto?

Porre domande di approfondimento per completare il feedback e renderlo utile. Per fare ciò serve navigare l’emozione iniziale (di solito non particolarmente piacevole, può essere rabbia, tristezza, paura, …, a seconda del rapporto con l’emittente del feedback e della predisposizione del ricevente).

In altri articoli, ho parlato ampiamente della competenza navigare le emozioni. Qui ricordo solo alcuni elementi utili come spunto per trovare l’equilibrio utile a generare le giuste domande con la giusta voce.

Intanto, il primo consiglio è dire “grazie” per il feedback e far passare 6 secondi (non a caso il network che promuove l’allenamento delle competenze emozionali si chiama Six Seconds 😊) per far sì che la prima schicchera emotiva possa abbassarsi di intensità.

Per raggiunger questo scopo, possiamo contare mentalmente. A me non riesce facile. Di solito, mi servo dell’ausilio di una bottiglia d’acqua per far correre i secondi e riprendere una respirazione sana ed equilibrata. Con presenza, aprire il tappo della bottiglia, prendere un bel sorso e chiudere, semplice no? 😊

Un secondo consiglio che vi propongo è dare un nome nella vostra mente a quel che sentiamo nel cuore e nella pancia. Il solo divenire consapevoli dell’emozione che proviamo abbassa notevolmente l’intensità delle emozioni. Dirsi, per esempio, “mi sto arrabbiando e non serve in questo momento” mi aiuta a cambiare stato.

Ora, se siamo riusciti a mantenere un po’ di calma, possiamo recuperare le informazioni mancanti. Per esempio, la persona può dire:

“Grazie per il feedback. Mi dispiace aver dato la sensazione di aver comunicato male durante l’ultima riunione. Voglio migliorare da questo punto di vista, per cui avrei una domanda da porti: quali comportamenti hai osservato che secondo te hanno causato la mia comunicazione inefficace?”

La persona che ha dato feedback a questo punto avrà la possibilità di aggiungere quel che manca. Purtroppo non sempre sarà così, ma vale la pena di tentare.

Molto di frequente, a questo genere di domande non viene data risposta. Chi emette il feedback non riesce a fornire dettagli utili (a meno che non sia davvero un bravo osservatore e abbia magari segnato qualche appunto da qualche parte).

Ove la risposta fosse in questa direzione, è importante non scoraggiarsi e … Chiedere un feedback più completo alla prima occasione: riferimenti specifici della situazione, comportamenti chiari, percezione ricavata.

Bisogna evitare anche un altro errore nel dare feedback, la lettura del pensiero. Se un collega, per esempio, ha fatto degli errori in una presentazione, non possiamo dargli come feedback che non abbia svolto bene il lavoro di preparazione se non ne siamo certi per averlo visto non dedicare tempo a questa fase.

Questo feedback, oltre a non contenere informazioni comportamentali, avrebbe un bias di fondo legato all’impegno che non è detto sia vero. Magari la persona si è preparata e … ha fatto comunque degli errori. L’obiettivo, ricordiamocelo, è nutrire. Perché solo il nutrimento porta al cambiamento.

Per chiarire ulteriormente, l’importanza di essere precisi nel costruire il feedback, proviamo a entrare in un altro caso concreto (sono tutte frasi sentite per davvero in azienda 😊)

Ora, immaginiamo di aver fornito un feedback a un membro del nostro team. Abbiamo detto che era bravo nel modo di fare presentazioni, ma che può migliorare il modo in cui gestisce domande e risposte in chiusura.

Passano alcune settimane e il collaboratore non ha ancora fatto nulla per cambiare quella fase della gestione delle presentazioni. Forse, non ha capito cosa volessimo che facesse. Cosa ha prodotto il feedback?

In effetti, il feedback ha provocato solo ulteriori domande: “Cosa c’è di particolarmente buono nelle mie capacità di presentazione?” e “Cosa c’è di sbagliato nel modo in cui gestisco le domande?

Anche in questo caso, sarebbe opportuno un ritorno al modello, dove ridefinire i confini di ogni elemento del feedback SBI™: quali comportamenti ti sono piaciuti durante la mia erogazione? Cosa non ha funzionato nel mio gestire le domande e le risposte? Cosa avrei potuto fare di diverso?

In sostanza, il metodo Situazione-Comportamento-Impatto diventa un ottimo modo per autodifendersi dai feedback non ben formulati. Un po’ come nell’Aikido si sfrutta l’energia della persona che ci sta attaccando per difendersi e ritrovare equilibrio 😊.

Cosa spero ci si porti a casa oggi

Gli studi svolti dalle società che si occupano di indagini di clima suggeriscono che i dipendenti tendono a preferire un feedback correttivo rispetto a un feedback positivo e aggiungono che contemporaneamente i manager si sentono spesso riluttanti a darlo.

Il motivo potrebbe essere ricondotto alla nostra educazione scolastica e familiare. Siamo cresciuti ricevendo feedback correttivi abbastanza dettagliati ogni giorno e pochi feedback confermativi di ciò che facciamo bene, di solito generici e veloci.

I momenti formali e informali di feedback

Secondo una ricerca di Gallup, sembra che solo il 28 percento delle persone riceva feedback un paio di volte all’anno, mentre il 19 per cento afferma di riceverlo una volta all’anno o anche meno. Direi sconcertante, considerando che è l’unico elemento in grado di farci crescere.

Le aziende, per ovviare al problema, cercano così di “costringere” i propri dipendenti a incontrarsi almeno 2 volte l’anno, ma non sempre accade e soprattutto non sempre questi due incontri rendono utile il processo di feedback. Tutto ciò perché diventa un appuntamento troppo formale e soprattutto perché il carico di feedback da fornire può diventare a quel punto molto grande.

Sono consapevole che parte del problema è legato al tema delle performance review. Possono essere stressanti. Quando le persone ricevono feedback su questo tema, magari senza ricevere i giusti elementi, si mettono sulla difensiva. Così, le relazioni sul posto di lavoro possono esserne danneggiate invece che rinforzate. E così il feedback diventa un momento poco nutritivo.

Perché i manager non ne fanno un uso più costante allora?

Perché spesso il fattore percezione del tempo non aiuta. Di solito, in azienda si vive in urgenza. L’ambiente di lavoro è frenetico ed è facile capire la ragione per cui alcuni manager rimandino un feedback fino al momento formale della performance review.

Non è giusto, ma è comprensibile ed è importante cambiare questa situazione. Il feedback è l’investimento più importante nelle nostre mani per far crescere l’altro (e noi stessi).

Purtroppo ritardare l’uso dei feedback può portare a una disconnessione tra esso e il comportamento o l’azione che descrive. Il modello SBI™ cerca di darci una strada semplice per organizzare il colloquio rendendolo produttivo e piacevole rendendo positivo il momento di confronto.

Le persone si mettono meno sulla difensiva (anche se a volte può succedere comunque 😊).

Quando il feedback è ben costruito, quando parla della situazione, dei comportamenti, delle nostre percezioni rispetto al loro impatto, diventa un vero e proprio regalo per l’altro. Così si evita che si insinuino supposizioni o pregiudizi che potrebbero turbare l’altra persona e farla chiudere.

Fattore SBI in squadra

Il feedback SBI™ incoraggia le persone a riflettere e migliorare il proprio comportamento e ciò può aiutare a costruire una cultura di squadra orientata all’apertura e alla fiducia. Tutto questo avviene perché dopo aver dato il feedback, è possibile definire insieme quali comportamenti mantenere e quali cambiare.

L’idea è di uscire dai momenti di feedback con una sensazione di chiarezza: ciò che va continuato e ciò che va fatto diversamente sono le fondamenta del futuro cambiamento. Questa chiarezza farà la differenza nella crescita nostra e delle persone che ci circondano.

Il sentito dire

Bisogna poi evitare di fare affidamento nel feedback su ciò che abbiamo sentito dire. Spesso si tratta di giudizi soggettivi o pregiudizi di altre persone che non portano valore alla crescita dei gruppi. Camera cafè è un’ottima sitcom, ma non funziona come situazione di feedback 😊.

È importante attenersi a ciò che abbiamo osservato in presa diretta e mantenersi sempre curiosi e disposti a essere sorpresi. Quando ci si pone aperti nel dare feedback succede spesso che vengano fuori informazioni non previste.

Infatti, per esempio, scoprire l’intento dell’altro può anche aiutarci ad affrontare i falsi presupposti che sono comparsi nella nostra mente (bias). Il membro del tuo team potrebbe aver avuto un motivo legittimo per comportarsi in quel modo, che non abbiamo capito.

Questa disponibilità a vedere punti di vista alternativi può aiutare la sessione di feedback a trasformarsi in un’utile conversazione di coaching.

Come potete notare da quanto ho scritto, il feedback è qualcosa che per me ha un grandissimo valore. Senza i feedback non avrei imparato quel che ho imparato e non avrei potuto far crescere le mie competenze e innaffiare i miei talenti facendoli emergere.

Per tutte queste ragioni vi chiedo di … Darmi feedback come spesso fate e ove possibile e vogliate farmi un regalo … fatelo seguendo il modello SBI 😊.

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