Quanto il contesto ci condiziona nel bene e nel male?
Quanto è importante avere persone intorno che sappiano vedere il nostro talento?
Cosa accade quando qualcuno vede i talenti dentro di noi?
Introduzione
Ore 23.56, sotto le coperte, una lucetta accesa, ma nascosta all’interno del letto in modo da non farsi scoprire. Mamma e papà credono che dorma. Invece, eccomi qui a leggere.
“Io non ho mai amato la lettura”.
Per me esistevano solo il calcio, gli scout, i primi amori, le amicizie ancora acerbe. Tutto il resto del mondo, persone e cose, era inutile per un ragazzino di 12 anni, come ero io allora.
Eppure, non riuscivo in nessun modo a smettere. Mi ricordo le sensazioni. Il peso delle coperte, l’essere rannicchiato al loro interno, il caldo della torcia.
Il tutto condito dalla paura di esser scoperto, che mi portava a fare estrema attenzione nel girar le pagine senza produrre alcun rumore, trattenendo il fiato, fino a quando il mio occhio non riprendeva a scorrere, passando da una parola all’altra. Da un’estate all’altra.
Brunella Gasperini, infatti, mi ha regalato due splendide e coinvolgenti estati. La prima è narrata all’interno dell’Estate dei bisbigli, mentre la seconda in Le vie del vento.
L’autrice
Brunella Gasperini sembra una scrittrice dei nostri giorni. La sua penna sembra descrivere fatti che potrebbero avvenire oggi. Eppure, le ha scritte negli anni ‘50.
O stava precorrendo i tempi o le dinamiche non sono cambiate più di tanto. Spesso sento criticare il giorno d’oggi dicendo che prima alcune cose non accadevano e tutto filava molto meglio.
Questo libro conferma la mia idea che per quanto le modalità siano cambiate, tanti meccanismi sono rimasti identici. Giudizi immediati trasformati in verità dai “cuttigghi” (termine siculo che significa “sparlare”).
Etichette viventi. Ossia persone capaci di indossare la propria maschera in modo esemplare, nascondendo ogni valore, ogni talento, fino a quando non capita qualcosa che altera il “normale” andamento della vita.
Il tutto arricchito da vite coniugali di facciata, degne di un moderno film di Hollywood, nate per rispondere ai bisogni delle famiglie di provenienza (ricchi con ricchi, poveri con poveri) e per evitare i giudizi del paese. Che tra l’altro come funghi compaiono comunque.
Per comprendere meglio a cosa mi sto riferendo, vi lancio qualche dettaglio, proveniente da entrambe le opere.
Entrambi i libri ruotano attorno a un ridente (più che altro parlante) paesello, Foscano, e a un gruppo di amici, che ritornano dopo l’università a casa.
L’Estate dei bisbigli
Il gruppo
Nel primo libro, i protagonisti sono: Dario, detto il Braglia, Giuliano e Elena, Ettore e Nino che compongono il gruppo storico. Ognuno con il proprio passato da digerire e con cui dialogare.
Nelle prime pagine, compare però un personaggio nuovo, particolare, controverso: Tessa.
Controverso, perché si porta dietro i giudizi che il paese ha prodotto negli anni in merito ai suoi genitori. L’estate dei bisbigli sembra non darle pace, ma le dà la possibilità di conoscere nuovi amici.
Il suo passato, pur non conoscendolo così bene, la fa soffrire e le fa, diverse volte, pensare di scappare. Ma, non sapendo cosa fare di diverso, dove andare (l’unica persona che le è rimasta è lo zio che la ospita), si trova ad alimentare la propria etichetta giorno per giorno.
Essere figlia di “qualcuno” può contribuire allo sviluppo delle maschere che indossiamo. Grazie a queste maschere che non riesce a dismettere, scombussola la vita dei suoi nuovi amici, senza mostrare veramente chi è.
La magia del guardare oltre e leggere nell’altro il talento
L’alchimia che si genera in paese è esplosiva. Il paese fa da volano, cassa di risonanza. Tutto sembra degenerare in continuazione. Tutto secondo cliché già noti dove ciascun personaggio fa del proprio meglio (o del proprio peggio) per confermare la propria maschera.
Tutto ciò fino a quando qualcuno non inizia a “vedere oltre” la scorza dell’etichetta. Ossia, comincia a svelare quel “lato in fiore”, bello, che ognuno di noi possiede e che un occhio esterno libero da pregiudizi è in grado di percepire.
Vedere i “lati in fiore” può rompere le etichette e trasformare la vita delle persone. È in questi momenti che esce fuori l’anima della persona.
Purtroppo, per far sì che ciò accada, serve molta curiosità, tanto impegno e pazienza. Virtù che vanno coltivate tanto e condivise in modo totale, “come se non ci fosse un domani”.
Tra l’altro, è un meccanismo che non funziona come una bacchetta magica. Non è un on/off. Vedo, non vedo. Infatti, le cose cambiano, in modo profondo, solo nel tempo, quando diverse persone si uniscono e riescono a “vedere” oltre insieme. Si parte dal singolo, ma poi serve il gruppo. Insieme si può.
Le vie del vento
Il nuovo gruppo
La seconda estate comincia come quella precedente. Siamo sempre a Foscano e i nostri amici sono di ritorno da Centino dove hanno frequentato l’università. Il gruppo è cambiato, si è rinnovato, qualche talento è sbocciato, altri devono ancora venir fuori. Infatti, si è aggiunta Anna, la sorella di Ettore, al primo anno di università.
È uno spirito ribelle, è entusiasta, argento vivo. Ettore cerca in continuazione di bloccarla, di reinserirla nell’etichetta della brava ragazza e nei canoni della sua famiglia. Ma il compito sembra più difficile del previsto. Anna non si fida delle etichette, non le piacciono e con caparbietà cerca di “vedere oltre”.
Sul treno di ritorno, compare Pierre Simon, uno personaggio particolare, forse dovuto al suo strano accento straniero, francese. È il cugino di Tessa ed è la prima volta che viene a Foscano.
La sua loquacità e la sua simpatia lo fanno subito entrare nelle grazie di tutto il gruppo. Solo la cugina Tessa, al suo arrivo, non sembra fare i salti di gioia. Il passato quando torna a bussare, non sempre lo fa con dolcezza.
Tessa voleva molto bene a Pierre. Da piccoli erano molto legati, spesso avevano viaggiato insieme da una città all’altra, aggrappandosi l’un l’altro nei momenti di difficoltà. Ma la vita, a un certo punto, li aveva separati e cambiati.
Ora, quando sentiva di aver trovato un certo equilibrio, questo suo, improvviso, ritorno la spaventava. E non poco.
Seguire vento del cambiamento
Pierre con quel suo fare giocoso e gioioso sapeva danzare con le persone. Riusciva in modo naturale a portarsele dietro, facendo abbassare le barriere, facendo surf con grande agio sopra ogni possibile pettegolezzo.
Questa sua caratteristica gli permetteva di rompere molte etichette e di far cambiare le percezioni del paese. Trova modi simpatici per far riavvicinare persone che, da tempo, non trovavano il coraggio di parlarsi. E tutto con leggerezza.
Scopre la dolcezza dietro individui che sembravano incapaci di voler bene e si trasforma lui stesso. Diventa consapevole, impegnandosi come non aveva mai fatto nel suo strano passato, di lati di sé diversi da quelli che fino ad allora aveva visto agire in sé.
Rientra così in contatto con la persona che abitava da tanto tempo dietro la sua stessa maschera, che negli anni aveva cercato di nascondere per proteggersi.
E tutto ciò grazie allo sguardo di qualcuno che trova la forza di vedere in lui il suo lato in fiore e glielo lascia sbocciare dentro.
Pierre insieme alla piccola Anna, due ribelli molto diversi, ma allo stesso tempo simili, riescono così nell’impresa di far cambiare le cose nel tempo, in quel paese, unendo le anime di diverse persone.
Cosa mi ha insegnato Brunella Gasperini
Sono affezionato ai libri di Brunella Gasperini. In particolare, a questi due. Mi hanno fatto nascere l’amore per la lettura.
A distanza di anni, ho scoperto uno dei motivi per cui questo libro mi ha dato molto: questo libro parla di talento, di andare oltre le apparenze, di non nascondersi dietro le etichette e di non fermarsi davanti ai pregiudizi.
Sono passati circa 70 anni da quando questo libro è stato pensato e prodotto. Eppure, ancora vedo me stesso cadere in molti degli errori commessi da questi ragazzi. Oggi, forse il meccanismo è rinforzato dai nuovi linguaggi, dai nuovi media. Tutto più veloce, tutto meno verificabile.
Si ha l’impressione di saperne di più, mentre realmente ne sappiamo meno di prima e siamo solo alla ricerca di informazioni che confermino i nostri pregiudizi. Quanto è vero l’effetto di Dunning–Kruger (una distorsione cognitiva nella quale proprio gli individui poco esperti e poco competenti in un campo tendono a sovrastimare la propria preparazione giudicandola, a torto, superiore alla media delle altre persone)!
Ma nulla è davvero così nuovo. Le persone, quando soffrono, imparano a indossare maschere che rendono sopportabile la propria vita. Chi le indossa ne sente la protezione, il vantaggio di vivere nascondendo le proprie debolezze. Lavorando con i propri pregiudizi.
Le persone intorno credono di conoscerci perché si fermano a conversare con esse. Dialogano con le nostre maschere nella maggior parte dei casi. Non riescono a toccare l’anima della persona che hanno di fronte.
Poi, fortunatamente, a volte, accade qualcosa che cambia tutto. Qualcuno che incontriamo per caso, e non conosce la nostra maschera, non la vede e ci parla dritti al cuore. Non sapete quanto sia bello e speciale.
In quei momenti, rientri in contatto con te stesso, bambino, con le tue insicurezze, con i tuoi sogni e con la tua bellezza. Ecco che il talento sboccia. Ecco l’autenticità venir fuori.
Conclusioni
È in momenti come quelli rappresentati all’interno di questi, per me, splendidi libri, che la vita può cambiare. Possiamo riprendere in mano la parte di noi che abbiamo trascurato, il talento che non abbiamo coltivato, la vita che non abbiamo ancora vissuto.
E, possiamo così condividerla con le persone che abbiamo intorno, quando siano disponibili a percepirci per davvero e non attraverso le lenti delle nostre maschere. L’importante è fermarsi e cercare, perché a volte le abbiamo accanto e non le vediamo, perché … non sappiamo andare oltre la maschera.
È come aver trovato la chiave giusta della nostra soffitta di famiglia all’interno di un mazzo di chiavi molto grande. Finalmente, possiamo rivedere la nostra storia e sentirci nuovamente in pace con il mondo, a spasso, trascinati da “le vie del vento”.
Fabio De Luca
Formatore e coach
#Connectance #LearningBySharing #Talento #Talenti